Sicuramente vi è capitato di perdervi tra il verde dell’Appennino, e di scoprire per caso un antico paesino incastonato come una pietra preziosa tra le montagne, non importa se in Umbria, Marche od Emilia. Vi sarà sembrato uno di quei posti in cui il tempo e lo spazio si è fermato, il luogo ideale in cui vivere, quello in cui davvero potersi sentire naufraghi nella Natura.
Una sensazione di “naufragio” non tanto lontana dalla realtà, visto che molti di questi piccoli magnifici borghi oggi sono disabitati e abbandonati a sé stessi: gli ultimi bar e negozi sono stati chiusi, i ragazzi più giovani si sono trasferiti in città, i contadini sono scomparsi e nessuno si occupa più della manutenzione e della pulizia del bosco. I pascoli diminuiscono, la vegetazione spontanea avanza, le frane e le alluvioni sono sempre più frequenti.
Se pensiamo che più del 75% del territorio italiano è fatto di montagne e colline, i piccoli borghi degli Appennini a rischio estinzione sono davvero tanti.
Oggi non sono solo le piante e gli animali da salvare, ma anche i contadini. Con questa frase Antonio Cherchi, Presidente Slow Food Emilia Romagna, ha aperto l’interessante conferenza “L’Appennino che scompare“, organizzato lo scorso settembre da Slow Food Parma. Gli agricoltori sono i migliori custodi dell’Appennino, e quando le terre vengono abbandonate l’assetto del paesaggio cambia, i boschi non vengono più puliti e mantenuti, gli episodi di dissesto idrogeologico diventano sempre più frequenti e ravvicinati.
Come salvare l’Appennino?
Innovare l’offerta turistica ed integrarla con l’Agricoltura può essere una ricetta vincente.
Promuovere una formula di turismo non solo legato alla Natura e ai Parchi, ma anche alla produzione tipica, all’enogastronomia e ai prodotti del territorio. Dare vita ad un modello di turismo rispettoso dell’Ambiente, valorizzare l’agricoltura e renderla più sostenibile, recuperare le tradizioni, la cultura e i cibi locali. Nelle montagne Pistoiesi, ad esempio, dove sono rimasti solo 14 piccoli produttori di Pecorino e sono le donne a custodire il sapere della caseificazione, esiste un’incredibile varietà legata ai saperi antichi da salvaguardare e valorizzare.
“L’appennino che verrà”, il convegno nazionale Slow Food che si terrà il prossimo mese (8-10 novembre 2013) nel Parco Naturale delle Foreste Casentinesi, tra Toscana ed Emilia Romagna, riunirà vari protagonisti del tessuto agro-pastorale degli Appennini per parlare proprio di questo.
Secondo Slow Food, possono essere proprio loro, i contadini, i veri protagonisti della rinascita dell’Appennino, a patto che sappiano sviluppare una “triplice attitudine: ovvero la capacità di lavorare ed agire a diversi livelli, non solo quello dell’agricoltura sostenibile, ma anche quello della comunicazione, del marketing e del turismo.
Alcune esperienze innovative nate recentemente sugli Appennini fanno sperare in una “migrazione di ritorno”. Sono sopratutto giovani, che hanno ripreso in mano le sorti di questi bellissimi luoghi a rischio estinzione e li hanno fatti rivivere attraverso formule creative di turismo, agricoltura e comunità. Sono dei “super contadini” che coltivano la terra, conoscono la storia e la cultura dei luoghi, sono capaci di inventare nuove formule di turismo, creativo e sostenibile. Alcuni esempi?
3 storie di “super contadini” tra Marche, Umbria ed Emilia
1) Slowcanda (Marche)
Slowcanda, nasce dal progetto di Betty e Lorenzo, che si definiscono “due giovani squinternati amanti dei viaggi finalizzati alla scoperta di luoghi insoliti e suggestivi“.
Il loro girovagare alla ricerca di un luogo speciale dove poter vivere insieme, lavorare e crescere i loro figli, li ha riportati in un piccolo borgo quasi disabitato, aggrappato ad un crinale di Appennino, sotto il monte Nerone (provincia di Pesaro-Urbino).
“Una trentina di case, una piazzetta, una piccola chiesa, tre abitanti. Eccolo là il nostro sogno che ci aspettava”
L’agriturismo Slowcanda nasce nel 2011, dopo aver ristrutturato il vecchio edificio in sassi secondo i criteri della bioedilizia, recuperando le acque piovane, installando pannelli solari ed utilizzando solo la legna dei boschi vicini per il riscaldamento.
Per arrivare a Baciardi (Piobbico) bisogna lasciare la macchina in cima al paese e scendere a piedi. “E’ curiosa l’espressione delle persone quando arrivano la prima volta! Il viottolo è costruito in pietra e quindi i tacchi si incastrano e poi… i cellulari: qua non c’è campo. Poi cominciano a rilassarsi, si sorseggiano un aperitivo, si siedono nelle vecchie seggiole di legno e cominciano i ricordi, si assapora il silenzio, interrotto solo dagli animali da cortile: il gallo Igor, le oche e Unico, l’asino fuggitivo”.
Qui potrete gustare i cibi a km zero provenienti dall’orto sinergico, basato sui principi della biodinamica, che ha anche diversi alberi da frutto in via di estinzione.
Info: per chi vuole soggiornare nella Slowcanda di Betty e Lorenzo, o semplicemente fermarsi per un incredibile pranzo a km0 nel cuore dell’Appennino Marchigiano.
2) I Briganti di Cerreto (Emilia)
I Briganti di Cerreto sull’Appennino Tosco-Emiliano, è una comunità formata dai contadini originari del piccolo borgo di Cerreto Alpi, che con coraggio e amore hanno ridato vita al proprio paese, a rischi estinzione. Come? Hanno messo al bando la parola “specializzazione”, e hanno integrato l’agricoltura con il turismo, con la cura del bosco, con la cucina, con la pastorizia.
Oggi essere contadino a Cerreto Alpi significa saper fare più cose, proprio come una volta, dalla manutenzione del bosco all’ospitalità, ma con un approccio social, capace di comunicare e diffondere il proprio progetto attraverso la rete e le nuove tecnologie. Il loro “turismo di comunità” è un modello che funziona, grazie al quale l’antico borgo di Cerreto Alpi ha ripreso vita, offrendo un’esperienza turistica sostenibile fatta di eccellenze: dormire in un vecchio mulino ristrutturato, ascoltando alla sera le storie degli anziani del paese, passeggiare con le ciaspole o avventurarsi nei boschi insieme agli abitanti del borgo, visitare il vecchio essiccatoio delle castagne, assaggiare la cucina locale a base di prodotti del luogo, dalla ricotta al pecorino, dai dolci di castagne al cinghiale.
Info: chi vuole soggiornare nel vecchio mulino di Cerreto Alpi (Collagna, Reggio Emilia)
3) Monestevole (Umbria)
Monestevole, sull’appennino Umbro, un antico borgo del XV secolo recuperato e trasformato in una comunità ecosostenibile dove imparare uno stile di vita a contatto con la Natura. Nel cuore verde dell’Italia, tra uliveti, vigne e querce, a 40 minuti da Perugia, si può cenare tutti attorno ad un tavolo, partecipare alle numerose attività, esplorare i dintorni a cavallo, imparare tutto sul vivere ecologico e sulla permacultura, cambiare in meglio il proprio stile di vita.
I ragazzi di Monestevole sono contadini del futuro: lavorano sul campo, sporcandosi le mani, per costruire progetti di ecoturismo innovativi, e li comunicano online alla loro grande comunità mondiale, “Tribewanted”, che finanzia e supporta le loro idee.
Queste incredibili storie, tra Umbria, Marche ed Emilia, ci raccontano come la rinascita dei bellissimi borghi abbandonati dell’Appennino non sia impossibile. I “super contadini”, capaci di coltivare, comunicare ed ospitare, potranno salvarli.