Le attività umane sono la causa principale del riscaldamento globale. Una delle soluzioni più importanti è data dal Protocollo di Kyoto, un accordo internazionale per combattere i cambiamenti climatici
L’idea che le attività umane siano la causa principale delle conseguenze devastanti del riscaldamento globale rispecchia alla perfezione quello che è l’attuale pensiero scientifico. Una strada percorribile per contrastare i cambiamenti climatici è rappresentata dal Protocollo di Kyoto: un trattato internazionale che ha come fine primario proprio quello di rallentare il climate change causato dall’uomo.
L’accordo è stato stilato l’11 dicembre del 1997 durante la Conferenza delle Parti a Kyoto (COP3), entrando però in vigore nel 2005, grazie alla ratifica del protocollo da parte della Russia. Infatti, affinché venisse approvato definitivamente era fondamentale che lo ratificassero almeno 55 Nazioni responsabili del 55% delle emissioni di gas serra nell’atmosfera: un obiettivo raggiunto grazie alla firma della Russia.
Ma andiamo per gradi, prima di tutto bisogna capire cosa sono le Conferenze delle Parti (COP). Sin dai primi anni Sessanta, nelle economie più sviluppate cominciano ad essere più evidenti gli effetti negativi della crescita economica e dell’industrializzazione sull’ambiente: da qui la necessità di nuove politiche di sviluppo sostenibile che facevano capo a tutti gli Stati che si impegnarono a diminuire il tasso di inquinamento da loro generato (allora considerato l’unico vero problema ambientale). Per discutere dei miglioramenti o delle problematiche ancora in corso, le Parti si incontravano annualmente in una città diversa. La prossima COP sarà nel 2020 a Santiago in Cile.
Perché la necessità del Protocollo di Kyoto?
L’Età Moderna è minacciata dal riscaldamento globale e dalle continue emissioni di gas serra di natura antropica nell’atmosfera. I capi di governo cominciarono finalmente a realizzare la situazione, grazie all’impegno di scienziati e attivisti, e iniziò un periodo di sensibilizzazione e presa coscienza della realtà che ha portato alla necessità di stilare il famoso Protocollo di Kyoto, durante la COP di Kyoto.
Quali sono gli obiettivi?
Il Protocollo di Kyoto impegna le sue Parti (le Nazioni sottoscrittrici) alla riduzione della quantità di gas serra emessi nell’atmosfera, considerati le cause del temuto effetto serra e del conseguente aumento della temperatura media globale. Le Parti hanno come riferimento per i loro obiettivi una baseline del 1990, ossia un punto di riferimento con i relativi dati di emissioni in quegli anni. Inoltre, devono realizzare annualmente un monitoraggio delle emissioni e assorbenti di gas ad effetto serra e renderlo pubblico.
I gas climatici soggetti a riduzione sono: anidride carbonica, metano, protossido di azoto prodotto dalle aziende agricole, idrofluorocarburi ed esafluoruro di zolfo impiegati entrambi nelle industrie chimiche e manifatturiere. Al giorno d’oggi, il gas climatico che più preoccupa, a causa della sua forte potenza sull’atmosfera, è la CO2.
Quali sono i Paesi aderenti?
I Paesi aderenti al momento sono 191 + una organizzazione. Tra questi ci sono molti Stati Europei, tra cui l’Italia. È sconcertante notare come gli Stati Uniti, responsabili del 36,2% delle emissioni di biossido di carbonio, non abbiano ratificato il documento nonostante l’adesione iniziale, infatti Clinton aveva firmato il protocollo ma Bush poco dopo decise di ritirare l’adesione. Il dato allarmante è che alcune regioni, come il New England, da sole producono una quantità di CO2 che ha un impatto globale pari a quello di un grande paese industrializzato europeo come la Germania.
Obiettivi nazionali legati al Protocollo di Kyoto: cosa succede in Italia?
Sfortunatamente non ci siamo impegnati abbastanza. I dati, in relazione agli specifici obiettivi del Protocollo di Kyoto, non sono per niente positivi: la media di riduzione delle emissioni nel periodo di impegno rispetto all’anno base (1990) è stata “solo” del -4,6%, a fronte di un impegno nazionale di riduzione del -6,5%.
I principali settori responsabili della maggiore quantità di emissioni sono quello dei trasporti (in particolare voli aerei e automobili) e quello residenziale con l’aumento delle abitazioni, mentre gli altri settori hanno registrato delle lievi diminuzioni.
Cosa ci aspetta nel futuro?
Il Protocollo di Kyoto ha sicuramente avuto delle conseguenze positive sull’ambiente, sensibilizzando sul problema e registrando delle diminuzioni di emissioni. Allo stesso tempo, però, è risultato insufficiente per poter contenere i cambiamenti climatici in atto. Questa situazione non è però definitiva, grazie alla presa coscienza della situazione si potrà in futuro puntare sul far leva sulle cariche politiche e sperare in degli obiettivi più ambiziosi.
Possiamo collaborare al Protocollo di Kyoto?
La risposta è sì. Ognuno nel suo piccolo può collaborare alla situazione in cui viviamo, logicamente non avremo i poteri necessari per poter ambire a dei risultati visibili e percepibili nel breve termine, però tutti possiamo impegnarci a adottare uno stile di vita che possa essere d’aiuto alle politiche e alle azioni in corso per contrastare il temuto cambiamento climatico.
Immagine di copertina: via pixhabay