Le foreste assorbono il trenta per cento degli inquinanti prodotti dall’uomo e sono un elemento essenziale per il nostro futuro, così come per quello del Pianeta.
Per Giorgio Vacchiano, ricercatore italiano riconosciuto dalla rivista Nature uno degli 11 scienziati emergenti al mondo, le foreste hanno numerose storie da raccontare.
Nel suo bellissimo libro La resilienza del bosco. Storie di foreste che cambiano il pianeta, i boschi sono protagonisti che ci invitano a riflettere e ci sorprendono.
Se penste che gli alberi siano statici e fermi da anni, vi sbagliate. Seppure ad un ritmo più lento rispetto al nostro, anche le foreste cambiano. Gli alberi e i boschi rivelano connessioni e storie profondamente connesse alla nostra vita e a quella del pianeta.
Abbiamo intervistato Giorgio Vacchiano, ecco cosa ci ha raccontato:
Come è nato il libro La resilienza del bosco. Storie di foreste che cambiano il pianeta?
Il libro nasce tecnicamente da una proposta della casa editrice, dopo che per le mie ricerche sulle foreste sono stato inserito da Nature tra gli 11 scienziati emergenti del mondo nel 2018.
In realtà era molto tempo che mi preparavo a raccontare le “storie del bosco”. Nella nostra cultura, la foresta è sempre stata lo sfondo di storie e favole, ma mai la protagonista.
Eppure, studiando le foreste e il loro cambiamento, mi sono accorto negli anni che avevano tantissime storie da raccontare: la scienza ci spiega come le foreste cambiano, come nascono, crescono e muoiono; come rinascono dopo le catastrofi, ma anche, che la loro enorme resilienza ha un limite, quando le pressioni ambientali cambiano troppo in fretta perché gli ecosistemi possano escogitare nuove strategie di reazione.
Questo significa che la crisi climatica, causata dalle nostre emissioni di gas serra, rischia di mettere in crisi la capacità delle foreste funzionare bene e quindi di continuare ad aiutarci – non solo assorbendo carbonio ma dandoci legno, paesaggio, biodiversità, protezione dal dissesto.
Questa linea sottile, in bilico tra resilienza e il suo tracollo, è una storia che dobbiamo assolutamente conoscere, per prevenirne gli effetti negativi finché siamo in tempo.
Qual’è la cosa più sorprendente che hai scoperto nella tua ricerca sulle foreste?
Che la scienza non conosce ancora i meccanismi per cui un albero muore. O meglio, sappiamo che può morire a causa dell’azione di molti fattori esterni – fulmini, fuoco, un parassita, la siccità…. sappiamo che purtroppo questi stress sono in forte aumento… ma senza di loro, sembra che un albero possa potenzialmente vivere all’infinito. In altre parole, non abbiamo scoperto nessun meccanismo di invecchiamento fisiologico, come avviene invece per gli animali . E questo ci dice quanto poco sappiamo ancora della vita degli alberi, e quanto siano diversi da noi – e proprio per questo, secondo me, affascinanti.
Piantare alberi e piantare boschi: quale è la differenza?
La stessa differenza che c’è tra un individuo e una famiglia, o tra uno studente o studentessa e una scuola intera. L’insieme è più della somma delle sue parti: dove abbiamo eliminato foreste in modo definitivo – con la deforestazione, soprattutto nelle aree tropicali, ma anche nelle nostre aree urbane – poter avere nuovamente un ecosistema funzionante può fare la differenza soprattutto per noi.
Un ecosistema è fatto soprattutto di relazioni – tra le piante, tra loro e gli altri esseri viventi, tra gli esseri viventi e l’aria, la terra, l’acqua e persino il fuoco, in alcune circostanze. Sono queste relazioni che permettono all’ecosistema di essere stabile, resistendo alle pressioni esterne; di fornirci quindi in continuo i suoi benefici (regolazione dell’acqua, dell’aria, del clima…) e addirittura di essere più produttivo.
Certamente, piantare (anzi: far crescere!) ecosistemi forestali è estremamente più difficile che piantare un albero: dobbiamo pensare alle relazioni che vogliamo ricostruire, al ruolo del suolo e delle altre piante non arboree, alla composizione specifica, alla disposizione e alla distanza tra gli alberi che piantiamo; e anche alla loro gestione futura, per mantenere in buona salute – soprattutto nei primi anni – questo ecosistema “artificiale”.
Le foreste potranno salvarci dai cambiamenti climatici?
No, non da sole. E’ una illusione pensare di poterci affidare solo ad alberi e foreste.
Anche tappezzando di nuovi alberi ogni luogo disponibile del pianeta, se non riduciamo le nostre emissioni di gas climalteranti le foreste ne assorbiranno meno di un quinto all’anno 2030.
E per di più, se il clima continua a cambiare, l’assorbimento di carbonio tramite la fotosintesi diventa sempre meno scontato, perché gli alberi subiranno stress sempre più forti – siccità prolungate, incendi più frequenti, tempeste di vento più ampie e intense.
Per questo è fondamentale non cedere alla tentazione della “soluzione magica” che risolve da sola tutti i problemi e le distorsioni della nostra società, e “aiutare le foreste ad aiutarci”: facendo noi il lavoro che ci compete, cioè ridurre il più possibile le emissioni e provare ad azzerarle entro il 2050, e intervenendo sulle foreste con una selvicoltura “climaticamente intelligente” per attrezzarle a resistere a un clima che comunque le sta già mettendo in difficoltà.
Quali altre letture consigli a chi vuole approfondire il tema?
- Il mio bosco è di tutti di Luigi Torreggiani
- Italian Wood di Ferdinando Cotugno
- Il richiamo delle foreste. Guida a foreste, boschi e alberi in Italia di Diego Florian e Alberto Pauletto
- L’azzurro infinito degli alberi. Storie di boschi monumentali e di piccole foreste in giro per l’italia di Pietro Maroè
- Gli anelli della vita. La storia del mondo scritta dagli alberi di Valerie Trouet
- Il bosco che vive di Matteo Garbarino e Jacopo Sacquegno
Grazie Giorgio per l’intervista!
Questa è la prima lettura dedicata agli alberi e alle foreste che vi conisgliamo di non perdere: