I tipping points per il surriscaldamento globale, sono dei punti di non ritorno, definiti dagli scienziati, oltre i quali sarebbe difficile, se non impossibile, mantenere lo stato ottimale dell’ambiente. Se si innesacasero questi cambiamenti irreversibili, il clima muterebbe con effetti su tutti gli ecosistemi della Terra.
Le ultime informazioni scientifiche riassunte nei report IPCC del 2018 e del 2019, ci dicono che per innescare i tipping points potrebbero bastare anche solo 2°C di aumento della temperatura terrestre.
9 tipping points: i punti di non ritorno per il clima
Questi punti di non ritorno sono degli hotspot climatici, dei quali bisogna parlare perché importanti per l’equilibrio del clima sulla Terra.
Il pianeta avrebbe già raggiunto 9 tipping points, ma non sono ancora stati superati. Questi 9 nove punti di non ritorno sono:
- Lo scioglimento del ghiaccio artico
- La calotta glaciale della Groenlandia
- Le foreste boreali
- Il permafrost
- Capovolgimento meridionale della circolazione atlantica
- La deforestazione della foresta amazzonica
- La perdita dei coralli
- La calotta glaciale antartica
- Il bacino di Wilkes
Lo scioglimento del ghiaccio artico
Il disgelo di ghiacci artici è già una realtà che dobbiamo affrontare. Con un aumento di 2°C della temperatura terrestre c’è una probabilità tra il 10 e il 35% che la regione artica rimanga senza ghiaccio durante la stagione estiva. Se questo avvenisse, porterebbe ad un immediato innalzamento delle maree
La calotta glaciale della Groenlandia
Con una velocità costante, la calotta glaciale della Groenlandia si sta sciogliendo e potrebbe aggiungere 7 metri al livello del mare nei prossimi mille anni. Lo scioglimento della calotta glaciale esporrebbe la superficie ad aria più calda. La calotta glaciale potrebbe essere condannata allo scioglimento entro il 2030, se le temperature si innalzassero di 1,5°C.
Le foreste boreali
La foresta boreale nella regione subartica, uno dei principali biomi terrestri, diventa sempre più vulnerabile ogni anno che passa. Le foreste di conifere nel Nord America e della regione siberiana corrispondono ad un terzo delle foreste mondiali. Il riscaldamento globale ha innescato una serie di turbamenti nelle popolazioni di insetti e un aumento degli incendi che devastano la zona del Nord America. Il risvolto più tragico è che la devastazione delle foreste boreali trasforma depositi di ossigeno in sorgenti di CO2.
Il permafrost
Il permafrost è un terreno tipico delle regioni dell’estremo Nord Europa, della Siberia e dell’America del Nord dove il suolo è perennemente ghiacciato. Questo tipo di terreno si trova nelle regioni della tundra ed è tipico di climi molto rigidi e temperature molto basse. È un bioma molto importante, la cui vegetazione si riduce a soli muschi e licheni. A causa del surriscaldamento globale, il permafrost della regione artica sta cominciando a scongelarsi. Questo comporta il rilascio di CO2 e metano in atmosfera, gas serra responsabili del surriscaldamento globale.
Capovolgimento meridionale della circolazione atlantica
Il capovolgimento meridionale della circolazione atlantica, abbreviato in AMOC, è un’importante corrente oceanica dell’Oceano Atlantico, caratterizzata da un flusso in direzione nord di acqua salina calda negli strati superficiali dell’Atlantico, e da un flusso in direzione sud di acqua fredda in profondità. La AMOC è un’importante componente del sistema climatico del nostro pianeta.
La rapida fusione della calotta glaciale in Groenlandia e un ulteriore rallentamento dell’AMOC potrebbe destabilizzare il Monsone dell’Africa occidentale, portando all’aumento della siccità nella regione africana del Sahel.
La deforestazione della foresta amazzonica
La deforestazione e il cambiamento climatico stanno destabilizzando la foresta Amazzonica, la più grande foresta pluviale del mondo. Stime sul punto di non ritorno dell’Amazzonia oscillano fra tra il 20 e il 40% di perdita della copertura forestale e circa il 17% è stato perso dal 1970.
La perdita dei coralli
Il surriscaldamento globale e l’acidificazione delle acque hanno portato a un massiccio sbiancamento dei coralli e la perdita di oltre la metà dei coralli nelle acque poco profonde della Grande Barriera australiana. Si prevede la perdita di quasi la totalità dei coralli se la temperatura media globale aumentasse di 2°C. Questo rappresenterebbe una grave perdita di biodiversità marina perché i coralli sono fondamentali per l’equilibrio degli ecosistemi marini.
La calotta glaciale antartica
I ricercatori hanno dimostrato che il Mare dell’Antartide occidentale potrebbe aver superato il punto di non ritorno: la zona dove ghiaccio, oceano e roccia si incontrano si sta ritirando irreversibilmente. Quando questa “linea di incontro” collasserà definitivamente, potrebbe destabilizzare il resto della calotta glaciale antartica. Con un effetto domino potrebbe portare ad un innalzamento del livello del mare di circa 3 metri di altezza. Questo cambiamento non sarebbe istantaneo, ma si applicherebbe un un arco temporale di circa un centinaio di anni.
Il bacino di Wilkes
Le ultime ricerche hanno dimostrato che i ghiacci del bacino di Wilkes potrebbero essere molto instabili. Lo scioglimento, in questa zona, porterebbe ad un innalzamento delle acque di circa 3-4 metri, in un range di tempo di un centinaio di anni.
Cosa fare per i tipping points?
Secondo le ricerche più recenti abbiamo tra i 20 e i 30 anni per ristabilire l’equilibrio climatico terrestre. Per farlo, è necessario investire globalmente su politiche di decarbonizzazione e ciascuno di noi deve fare tutto il possibile per limitare le emissioni con i nostri comportamenti quotidiani e durante le nostre vacanze.
Continuare a vivere in questa maniera e rischiare di arrivare ad un tipping point globale è un’opzione irresponsabile. L’emergenza climatica è un fatto concreto nel quale tutti dobbiamo impegnarci attivamente per salvare il pianeta Terra.
Immagine di copertina: foto di Colin Maynard via Unsplash