Ma questo itinerario alla scoperta di Bra si fa a piedi, basta avere le scarpe adatte e gambe “buone”!
Bra, una città particolare … Già nel nome tronco, sul quale indugia il dubbio di un accento o di un apostrofo s’indovina qualcosa di particolare, di indefinito, quasi l’ombra della ricerca di una propria identità.
Bra, una città di difficile catalogazione, dunque singolare, dunque interessante. Soprattutto una città che pretende di essere capita!
La verità è che esistono diverse Bra, storicamente stratificate e accostate l’una sull’altra: c’è la città romana, c’è la città medievale, c’è la città delle ciminiere, c’è la città letteraria di Giovanni Arpino, di Velso Mucci e di Gina Lagorio, quella di Giuseppe Benedetto Cottolengo, quella dell’aroma dolce e stuzzicante che proviene dall’ultima pasticceria del centro e quella del profumo inebriante dei tigli dei giardini di periferia.
Scoprirle è un gioco affascinante che riserva non poche sorprese.
Partiamo dunque alla scoperta di Bra, non di quella che si presenta agli occhi del turista che vuole vedere, ma piuttosto della città dalle sottili emozioni che si fissano nel nostro cuore per sempre.
Il percorso può iniziare da Palazzo rosso, vecchia costruzione che di rosso oggi ha l’intonaco, ma che deve il suo nome (storpiato) al suo antico proprietario, Gioacchino Ternavasio detto il “Russo” (perché pare fosse tra i pochi reduci braidesi della Beresina). Esso si erge solenne sulla parte alta di via Garibaldi e non si distinguerebbe da altri vecchi edifici, se non avesse un suo segreto. Nelle sue cantine esiste un blocco centrale lavorato a prisma dal quale si snodano a raggiera diversi cunicoli, scavati nel tufo, che immettono in altre rotonde. Sulle pareti di cunicoli e rotonde corre un doppio cornicione che sorreggeva, fino al 1950 circa, interminabili file di bottiglie. Si dice potesse contenere fino a 400.000 bottiglie. Uno de corridoi conduce diritto sino al castello di Pollenzo che dista da Bra circa sei chilometri! Era una via di fuga della città medioevale che, a quel tempo, era protetta da alte mura.
Al periodo medioevale risale Palazzo Traversa che si trova poco più in là, in via Serra: la sua facciata, molto severa, è sormontata da merli ghibellini. Due portali neo-barocchi conducono all’interno, dove ha sede il museo archeologico.
Proseguendo per la parte alta della città possiamo giungere alla “Zizzola”.
Quando si parla di Bra, il pensiero di chi già la conosce, la associa immediatamente a questa costruzione. Si tratta di una villa di forma ottagonale, costruita verso la fine del Settecento proprio alla cima della collina denominata “Monteguglielmo”. In origine era una villa di campagna che i ricchi proprietari aprivano agli amici per feste e ricevimenti. L’edificio fu poi donato al Comune di Bra con il vincolo che fosse destinato a sede di attività di carattere pubblico ed il terreno destinato a giardino o parco pubblico. E così è avvenuto: oggi nel parco si tengono concerti e molte manifestazioni culturali, soprattutto nel periodo estivo.
Scendendo da Monteguglielmo ci dirigiamo alla collina della Favorita, dove si trova una bella casa in puro stile Liberty. La villa, di proprietà privata, è stata costruita nel primo Novecento proprio in un luogo dove un tempo nessuno avrebbe voluto viverci in quanto lì, la gente diceva che “si sente” e “si vede”. Ma che cosa? Ebbene sì, i prati e i boschi attorno sono abitati dalle masche. Nella notte strani rumori e risate stridule accompagnano lo stormire delle fronde ed ombre bianche danzano sullo spiazzo antistante la villa. Più di una coppietta venuta ad appartarsi nei pressi della villa è stata costretta a fuggire più che in fretta, disturbata da luci improvvise e da fruscii inquietanti.
Oggi le voci del televisore ed il rumore del motore delle auto che arrivano anche qui hanno spaventato le masche che escono solo quando i proprietari vanno in vacanza.
Proseguendo per la strada che si snoda giù per la collina si arriva a San Matteo. È bello scendere al borgo per la via erbosa e di qui inoltrarsi fino al bosch del disné o al valön d’le spine. Lì, se sei fortunato e capiti dopo un temporale estivo, ai piedi dei pioppi e delle nocciole selvatiche puoi trovare le “matote ruse” e le “matote grise”, che non hanno nulla da invidiare ai nobili porcini.
Torniamo verso il centro-città con la strada comunale, o meglio ancora con la romantica scalinata che taglia le ripide curve e ci si trova quasi davanti il Santuario della Madonna dei fiori. Questa è una delle Madonne più importanti d’Italia o, addirittura del mondo! Infatti è tra le poche che tutti gli inverni, da 678 anni, puntuale, fa il suo miracolo. Il 23 dicembre, anche con la neve ed il ghiaccio, le siepi di pruno che crescono attorno alla chiesa, si coprono di fiori profumati e candidi (con un anticipo di tre-quattro mesi rispetto alla normale fioritura).
Di grazie a Bra la Madonna ne ha dispensate tante. Le meno importanti (e sono centinaia!)
sono ricordate dai quadretti e dagli ex-voto appesi sia sui muri del vecchio santuario che in un locale attiguo. Per quelle “grosse” i beneficiati hanno fatto costruire dei pilonetti. Così se ne trovano parecchi, sparsi un po’ qui un po’ là per la campagna, custodi solitari della natura e testimoni della misericordia divina.
Altro luogo reso sacro dalla presenza dispensatrice di grazie della Madonna è Fey dove sorge una cappelletta che ricorda uno dei fatti più importanti della storia di Bra.
Era l’anno 1552. In seguito alle guerre tra Francia e Spagna, il Piemonte era diventato teatro di scontri furiosi. Bra era caduta in mano ai Francesi, mentre la vicina Cherasco era in mano agli Spagnoli che la tenevano in nome del duca di Savoia. Questi la notte del 22 gennaio riuscirono ad entrare in Bra ed i suoi difensori furono presi ed impiccati. Alcuni però, guidati dal capitano Brizio, riuscirono a fuggire per la strada che dal Monteguglielmo andava a sboccare nella valle di Fey. Giunti qui, allo stremo delle forze, si inginocchiarono e si raccomandarono a Maria. In effetti gli Spagnoli non li trovarono, così il capitano, a conflitto terminato, fece innalzare un pilone votivo che dedicò a Maria Vergine d’Egitto (anche Lei in fuga, era riuscita a salvarsi dai sicari di Erode). Verso la fine del 1600 il pilone venne abbattuto e sostituito con una piccola cappella, la stessa che esiste ancora oggi.
Il volto di una città si scopre non solo visitandone gli edifici più importanti od ammirando i monumenti (molto numerosi a Bra), ma curiosando anche negli angoli più nascosti, fermando lo sguardo su particolari apparentemente insignificanti: solo componendo tutte le tesserine di un puzzle si riesce a costruire l’immagine completa!
Ebbene facendo quattro passi in centro osserviamo i batacchi dei portoni delle case più vecchie, gli androni oltre i quali si indovinano vetusti giardini, i cortili silenziosi, gli affreschi di Madonne sui muri di case private, i bassorilievi in stucco raffiguranti scene sacre, resti di finestre gotiche su muri ormai rifatti e decine di comignoli dalle forme più strane che sin da metà ottobre dipingono il cielo con pennellate di fumo.
È anche attraverso questi esili e talvolta sottovalutati legami tra passato e presente che si ricreano le condizioni affinché Bra smetta di essere un agglomerato di case, chiese e negozi e riveli la sua vera identità.
E se poi dopo questa bella camminata sentite un certo languorino allo stomaco non resta che mangiare un buon sanguis di pane e salsiccia, di Bra naturalmente!
Autore: Margherita Corrado
Premio letterario "Racconta la tua città"
Copertina: foto di Daniele Semeraro