Nella maggior parte dei casi il mondo dell’industria e quello della sostenibilità non sono compatibili perché si predilige la produzione di massa e la crescita economica al rispetto per l’ambiente. Da qui nasce l’ondata del climate quitting, un fenomeno che riguarda tutte quelle persone che si licenziano perché non d’accordo con l’etica dell’impresa dove lavorano.

climate quitting
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Il climate quitting è una sorta rivoluzione silenziosa, con un obiettivo ben chiaro: proteggere l’ambiente. E’ risaputo che molte imprese, soprattutto le multinazionali non seguono delle policy green perché queste rallenterebbero la loro produzione ed aumenterebbero i costi. Ma negli ultimi decenni cresce costantemente il numero di dipendenti che decidono di lasciare il proprio lavoro perché non condividono le pratiche di quell’impresa e perché vogliono investire il loro tempo in un lavoro che possa salvaguardare l’ambiente.

Testimonianze di climate quitting

Fare climate quitting significa di scegliere un approccio responsabile nei confronti del mondo del lavoro, e di allontanarsi da tutte quelle realtà aziendali che non rispettano i criteri ESG (Environmental, Social and Governance). Questi criteri dovrebbero essere adottati da un’azienda per garantire ai propri dipendenti, distributori, clienti e tutti gli agenti coinvolti, attenzione e rispetto per la natura, la parte sociale e la governance.

criteri esg
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Alice Pomiato, 32 anni, è una climate quitter. Lei ha deciso di lasciare il suo lavoro da digital strategist in un’azienda di comunicazione perché aveva la consapevolezza che con il suo lavoro spingeva i propri clienti ad allontanarsi da uno stile di vita sostenibile. Con un grande atto di coraggio, Alice ha messo al primo posto la sua etica e i suoi valori, ha abbandonato un lavoro che si discostava da ciò in cui credeva, e ad oggi è una content creator che sensibilizza sul tema della sostenibilità.

Secondo uno studio condotto dal Politecnico di Milano, la fascia d’età che questo fenomeno raccoglie maggiormente è quella degli under 30. Si vede come la concezione del mondo cambi di generazione in generazione. Da un lato, i più adulti tendono a prendere il problema più sottogamba, probabilmente perché il cambiamento è avvenuto con tempistiche lente e stentano a crederci, e quindi a muovere dei passi per migliorare la situazione. D’altra parte, invece, i ragazzi più giovani vivono in un mondo ormai deteriorato, ma nutrono la speranza di poterlo sistemare e nel loro piccolo compiono azioni per salvaguardare la natura.

L’attenzione mediatica sulle questioni climatiche è fortissima al giorno d’oggi, ed è molto bello vedere come ragazzi giovani siano pronti a lottare per preservare il mondo e garantire alle generazioni future una situazione migliore.

manifestazione contro il cambiamento climatico
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La figura degli operatori verdi

Il fatto che il climate quitting sia ormai un fenomeno affermato e che prende sempre più piede sembra essere fonte di alcuni cambiamenti che potranno avvenire in un futuro molto breve.

Aumenta, infatti, sempre di più il numero di figure che abbiano a che fare con l’ambito della sostenibilità nelle aziende, quelli che possiamo chiamare operatori verdi. Si richiederanno sempre più lavori da consulenti che possano dare all’azienda consigli per apportare delle modifiche che strizzino l’occhio alla sostenibilità.

Le università di tutto il mondo si muovono già in questa direzione, proponendo e promuovendo corsi di studio che possano applicarsi a un’idea di vita, ma soprattutto di impresa, più green.

Il green washing

scritta green washing
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Con questo termine ci si riferisce al fatto che data la crescente attenzione all’eco-friendly, molte imprese adottano delle strategie che facciano risultare i loro processi di produzioni e i loro prodotti più attenti all’ambiente, ma in realtà compiono solo dei piccoli passi che non risolvono in alcun modo il problema. E’ un tipo di strategia di marketing che vuole attirare il cliente, ormai sempre più propenso ad acquistare in maniera consapevole.

Il green washing è di fatto una delle maggiori cause che spingono i lavoratori a fare climate quitting. La falsa e mancata volontà di apportare miglioramenti ambientali molto spesso allontana i dipendenti dalle idee delle imprese e muove in loro la volontà di abbandonare definitivamente questa realtà perché troppo distante dalla propria concezione del mondo.

Conclusione

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Ad oggi nell’effettivo, è ancora davvero minima la percentuale dei dipendenti che decide di licenziarsi perché l’impresa dove lavorano non segue delle linee guida favorevoli all’ambiente. La maggioranza vede piuttosto come principale ostacolo una paga troppo bassa, condizioni di lavoro poco igieniche o sfruttamento.

Il lavoro da svolgere è tanto, e il cambiamento climatico non può certo essere fermato da un momento all’altro. Questo però non significa che ognuno con un piccolo gesto non possa contribuire a questa nobile causa. Il climate quitting è un gesto di coraggio ma soprattutto di grande responsabilità che aiuta anche le aziende a comprendere le necessità degli impiegati e che può portare a delle vere e proprie politiche di sensibilizzazione verso l’ambiente.

Immagine di copertina: foto di Tandem X Visuals su Unsplash