La Cina sta ricostruendo la Grande Muraglia, ma questa volta è fatta di Alberi e servirà per fermare il Deserto. Partiamo alla scoperta del Great Green Wall, la più grande foresta artificiale del mondo
Da oltre 50 anni la Cina sta affrontando un nemico importante quasi quanto la sovrappopolazione. Si tratta del deserto, che occupa una grossa parte della Cina occidentale, come si può notare in qualsiasi mappa. Ciò che spaventa è il fatto che sia in continua espansione.
Agricoltura e terreni coltivabili
Nonostante la Cina abbia una superficie grande quasi quanto gli Stati Uniti, solo il 12% del territorio è coltivabile. La produzione agricola è comunque la più grande al mondo. Tutte le terre arabili vengono sfruttate intensamente e negli ultimi anni il governo ha investito molto per migliorare l’efficienza delle coltivazioni cercando di preservare il territorio.
È incredibile che un Paese così popoloso sia autosufficiente dal punto di vista alimentare.
Un esempio lampante di questo impegno verso l’autosufficienza è la regione dello Xinjang, a Nord-Ovest. La regione è quasi completamente deserta eppure grazie all’irrigazione goccia a goccia e a sistemi per ridurre l’evaporazione, riesce a coltivare ortaggi quasi in assenza di precipitazioni. Il risultato? Pomodori, aglio, cipolle, angurie, meloni e molto altro. Tutti prodotti particolarmente succosi che vengono apprezzati in tutto Paese e possono competere per gusto con quelli dell’Italia meridionale.
Il deserto che avanza e gli effetti sulla popolazione
Ora, vista l’enorme importanza che viene data ad ogni ettaro di terra, un fenomeno come la desertificazione può destare sicuramente molta preoccupazione. Se poi si aggiunge la rapidità con cui avanza il deserto, si può immaginare come possa essere tra i principali problemi ambientali della Cina.
Il deserto di cui stiamo parlando è il deserto del Gobi che si estende fino alla Mongolia ed è considerato uno luoghi più aridi della Terra. La desertificazione è fenomeno che si è presentato per secoli a causa del disboscamento e di un’agricoltura irresponsabile. Più volte nel corso della storia questi luoghi sono stati abbandonati a causa del deserto e più volte dopo l’abbandono da parte dell’uomo la vegetazione è ritornata. Tuttavia con l’enorme crescita della popolazione nell’ultimo secolo, il problema si è ripresentato con un’intensità spaventosa.
Le persone che abitavano nelle zone limitrofe hanno visto le colline circostanti, un tempo ricoperte da foresta, trasformarsi in dune di sabbia. Milioni di persone si stanno spostando verso est dove ci sono le grandi città. I pascoli, che rappresentano la principale fonte di sostentamento di queste zone, sono spesso in balia delle tempeste di sabbia, che sono in grado di stendere uno strato di parecchi centimetri di sabbia e decimare la vegetazione.
Questi fenomeni appaiono sempre più frequenti e sono assolutamente imprevedibili. Le tempeste di sabbia possono assumere dimensioni impressionanti e viaggiare per migliaia di chilometri come quelle che gli ultimi anni hanno raggiunto anche la capitale, Pechino dando vita a scenari apocalittici.
Il Piano di Riforestazione: una cintura di Alberi per contenere il deserto
Il governo cinese non si è dato per vinto e nel 1978 è stato approvato il Three North Shelter Forest Program, la più grande impresa di riforestazione mai tentata. Il termine Three-North si riferisce alle 3 regioni a Nord della Cina e sta a indicare l’impegno a coinvolgere tutte le aree interessate dal problema. Shelter forest significa foresta di riparo, ovvero una cintura di sicurezza intorno al deserto capace di fermare anche le nuvole di sabbia. Si tratta probabilmente del più grande piano ambientale in atto nel mondo.
Il piano prevede una sorta di muro di alberi, con una larghezza di almeno 50 metri e una larghezza di circa 4500 chilometri. L’obiettivo è quello di aumentare la copertura delle foreste nelle regioni interessate dal 5% al 15%.
Il rimboschimento viene applicato in più modi. Nella prima fase vengono seminate strisce d’erba e arbusti tipici delle zone desertiche e nella seconda linea vengono impiantate specie di alberi particolarmente resistenti alla siccità e all’aridità, come ad esempio il pioppo nero. Vengono assunte delle vere e proprie squadre di “riforestatori“che si occupano di mettere a dimora delle enormi distese di piantine. In alcuni casi dove il suolo non è troppo arido le sementi vengono gettate anche per via aerea.
50 anni di riforestazione: il deserto si ferma!
Anche se il piano non è ancora finito perchè andrà avanti almeno fino al 2050, si sono visti molti risultati. La copertura delle foreste nelle regioni del Nord è effettivamente passata dal 5% al 13,5%. Un dato incredibile se si pensa che l’area interessata è grande quanto l’intera Europa Occidentale.
Negli ultimi decenni sono stati piantati 13 milioni di ettari di alberi come muro di riparo dal vento, un’area grande quanto la Grecia, ed è stata così recuperata una porzione di deserto grande quanto l’Italia.
Dopo anni di perdita del suolo sembra che la desertificazione si stia fermando e la foresta cresce molto più rapidamente del deserto.
Nelle zone dove sono stati piantati i primi alberi, la foresta è diventata ormai matura e le precipitazioni sono aumentate. Grazie alle piante il suolo è in grado di trattenere l’acqua piovana e i corsi d’acqua hanno aumentato il loro flusso. Grazie alla vegetazione infatti la pioggia viene assorbita dalle piante o resta nel suolo mentre nei deserti anche se piove l’acqua è esposta al sole ed evapora subito.
In luoghi dove prima il suolo era arido ora ci sono anche dei parchi naturali, come ad esempio il Parco Forestale Nazionale di Saihanba, oggi tra le principali attrazioni del Nord della Cina.
Le critiche al progetto
Come tutti i grandi progetti, è difficile che qualcosa non vada storto. Al progetto sono state rivolte numerose critiche sui metodi di applicazione, anche dalla FAO e dalle Nazioni Unite, che comunque sostengono il progetto.
La critica principale riguarda la scelta di usare la monocoltura. Nella maggior parte dei casi infatti è stata piantata una sola specie di piante, cosa che rende queste foreste particolarmente fragili in caso di epidemia. È già successo infatti che una malattia abbia decimato una grossa parte degli alberi piantati. Altre problematiche legate alla monocoltura sono anche il consumo del suolo e la difficoltà per gli animali ad insediarsi in un ambiente così omogeneo.
Altre organizzazioni hanno lamentato come in alcuni casi gli alberi impiantati siano stati lasciati a se stessi, come se, fatta la prima mossa, la natura fosse in grado di risistemare tutto. Nel 2008 ad esempio il 1/5 degli alberi impiantati non è sopravvissuto e in inverno le forti tempeste hanno distrutto il 10% del lavoro di quell’anno, tanto che la Banca Mondiale ha intimato il governo cinese a puntare più sulla qualità che sulla quantità.
Non sarà un piano perfetto, ma non bisogna dimenticare che la Cina in questi anni ha piantato più alberi di tutto il resto del mondo messo assieme. Il Great Green Wall cinese è ad oggi la più grande foresta artificiale del mondo.
Il Great Green Wall in Africa
Un impresa simile è stata intrapresa anche in Africa per fermare il deserto del Sahara. Sotto la guida dell’Unione Africana nel 2007 è stato dato il via al Great Green Wall of Africa. Ma in questo caso il progetto assume dimensioni ancora più imponenti: 8’000 km di lunghezza, 11 Nazioni firmatarie e altre 20 nazioni che hanno deciso di supportarlo.
L’impresa è ancora più complessa di quella cinese, perchè è più grande e coinvolge molte nazioni che quindi devono collaborare in modo attivo. A 10 anni dall’inizio del progetto i risultati fanno ben sperare, alcuni Paesi sono stati più prolifici di altri, ma in totale sono stati recuperati oltre 20 milioni di ettari di terreno.
L’impresa è importante non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale ed economico. Perchè crea posti di lavoro, permette a milioni di persone di sfamarsi coltivando i campi e tenendo i pascoli. Milioni di persone che altrimenti sarebbero state costrette ad emigrare altrove. Il Great Green Wall quindi permette anche di contenere quell’emigrazione che qui in Europa è tanto temuta da una parte della popolazione. Se vi ha incuriosito troverete tutte le informazioni nel sito ufficiale del progetto.
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