Visitare Torino con Michele Penna, l’ambasciatore del progetto “Turin Greeters” , è stato quello che gli inglesi definirebbero la “highlight” della mia visita alla città sabauda.

Ecco i miei 4 motivi personali ed una spiegazione più globale del perché questo nuovo “modo di visitare” una città sta avendo successo

 

1. Pasticcerie:

Meringa con panna
Meringa della Paticceria Tamborini, a Torino foto di Cristiana Pedrali

Istigata da frotte di amici torinesi o con forti sentimenti torinesi ho chiesto subito a Michele di trascinarmi in una visita ad alto grado…zuccherino e così, chiacchierando del più e del meno, mi ha mostrato i “gioielli” della città:

Baratti&Milano, sotto la Galleria Subalpina, in Piazza Castello: una piccola bomboniera di specchi e di velluto rosso intenso che mi rimanda immediatamente all’atmosfera Art Dèco dei primi Novecento e mi aspetto da un momento all’altro di vedere qualche signora con veletta ed ombrellino passarmi accanto. Ma l’ottimo gelato al cioccolato fondente richiama subito la mia mente alle cose importanti della vita: la cioccolata, appunto.

Tamborini, in via Garibaldi: al cui tavolino ho divorato una colossale meringa con panna la cui dolcezza ho cercato di stemperare con un té amaro, mentre ascoltavo Michele raccontare di come si muove a Torino e di come la città risenta marcatamente della tradizione francese, sia in termini architettonici che di topografia. Dopotutto, stare seduti al sole e godersi un dolce fa un pò “café” francese, no?

Stratta, sotto i portici di Piazza San Carlo: un compitissimo cameriere mi ha chiesto cosa gradissi ed io, vittima sacrificale di un ‘orgia di zucchero e di cioccolata, non ho potuto di certo deluderlo e ho chiesto il “bicerin”,tipica bevanda fatta da caffé, cioccolata e panna montata.

In un pomeriggio ho accumulato una dose di zuccheto tale da lasciarmi con un “sorriso radioso” e il buon umore per il resto del lungo pomeriggio. Certo, il crollo del picco glicemico e l’impennata della bilancia saranno duri da affrontare, ma Michele, da bravo “ospite” è venuto subito in soccorso scortandomi in una lunga camminata alla scoperta, oltre che delle pasticcerie, anche dei…

 

Un dettaglio di un portone
Un dettaglio di un portone foto di Cristiana Pedrali

2. Portoni:

Se siete curiosi e appassionati di dettagli, non potrete non notare i lavori in legno e pietra che caratterizzano gli ingressi di alcuni palazzi torinesi. Io mi sono persa tra portoni in stile Art Déco e classicheggianti, lastre in legno dalle tonalità diverse che propongono intricate ghirlande floreali o arabeschi usciti dalla fantasia di qualche ebanista raffinato.

Chissà se c’erano “scuole” o singoli “artigiani”, chissà se le famiglie della Torino “bene” se li contendevano e chissà se c’era o c’è tuttora, per quanto molti di questi portoni sembrano portare secoli di storia, un catalogo su cui scegliere la decorazione preferita.

E passeggiando lungo gli storici portici, i più lunghi d’Europa, arriviamo al polmone verde della città, il Parco del Valentino.

3. Gli “imbarchini” lungo il Po ed il “giardino roccioso” del Parco del Valentino:

Quando si parla di Torino si parla della Juventus, della Fiat, del gianduiotto e magari qualcuno cita il nuovo aspetto curato della città e quel gioiello che é la prospettiva che dalla Stazione di Porta Nuova, lungo Via Roma, porta a Piazza San Carlo e poi a Piazza Castello, ma nessuno cita gli “imbarchini” ed io invece me ne sono innamorata.

A ridosso del Po, proprio sulle rive, nascosti generalmente tra fronde di vite, ci sono dei piccoli locali con tavolacci e sedie spaiate. Di giorno scarsamente frequentati da qualche avventore in cerca di ombra, al tramonto e col calare della sera vengono presi d’assalto da frotte di ragazzi e non che cercano un pò di fresco, certo, ma soprattutto di un luogo in cui bere un bicchiere di vino genuino, fare due chiacchiere e ascoltare musica dal vivo.


E sempre nel Valentino un altro piccolo gioiello: un “giardino roccioso” attraversato da un ruscello che passa accanto a piante e fiori curati e rispettati (ho scorto dei perfetti aceri rossi giapponesi, incredibile vederli in un parco italiano) ma sono le piccole sculture fatte da materiali di riciclo che mi hanno fatto davvero sorridere di delizia.

Su panchine isolate, all’ombra di alberi, in mezzo ad aiuole curatissime, sono disseminati lampioni che si intrecciano tra loro, pescatori addormentati a cui un micio “meccanico” ruba i pesci, fate dai cui libri si alzano in volo nugoli di farfalle e molto altro ancora.

Pensare che nella città della meccanica per antonomasia qualcuno, e forse più di uno, abbia pensato alla fantasia, ai gatti, alle fate mi ha fatto sperare ancora nel genere umano…o forse sono ancora sotto l’effetto dello zucchero.

4. L’aperitivo a San Salvario:

Dopo tanto vagare, dopo aver attraversato Torino da un capo all’altro, aver scoperto dove si fa lo “struscio” e aver visto il Castello sede dell’università di architettura ed aver scherzato sulla propensione degli studenti ad iscriversi solo per “frequentare in castello” , dopo aver macinato chilometri e chiacchiere, chiedo al “Turin Greeter” di visitare la Torino trendy: se, come mi ha illustrato Michele, i “Murazzi” non ci sono più, dove si riuniscono allora i giovani, e quelli meno giovani, per un bicchiere e per fare due chiacchiere, oltre che per farsi vedere e tirar tardi? Ma a San Salvario, ovvio.

Zona multietnica per eccellenza mi sta dicendo Michele quando un gruppetto di giovani uomini in candidi camici e copricapi ci viene incontro quasi a riprova di questa contaminazione oggi sempre più comune nelle nostre città.

Giriamo tra i vari locali e poi scegliamo uno dei punti fermi delle scorribande del mio “ambasciatore”, il “Biberon”. Un piccolo buffet con un mix interessante di verdure e assaggi in cui la cucina orientale e quella italiana si incontrano, a riprova che questo è il quartiere multietnico per antonomasia, e due bicchieri di “Barbaresco”, anche se cercavamo il “Ruchè di Castagnole”, vino piemontese meno conosciuto dei suoi celebri e celeberrimi cugini. Peccato, sarà per la prossima volta.

Parliamo della città, protagonista delle nostre chiacchiere sempre e comunque, ma soprattutto di come Michele vive e di cosa gli piace e cosa no, di cosa farà per Agosto e poi siamo rapiti dal “filosofo da strada” del locale: un signore di una certa età che, a poco a poco, riesce ad attirare l’attenzione di tutti gli avventori distillando gocce di saggezza su uomo, donna e su come l’uno e l’altra non si sopportino, ma non riescano a fare a meno uno dell’altra.

Mi sento, dopo qualche ora con il mio fido”greeter” meno turista e ospite di Torino e più amica in visita.

Ed è un pò questo il punto magico dei “greeters” che non sono appannaggio solo di Torino, ma anzi sono ovunque nel mondo: non si tratta di visitare e scoprire tutto di una città, ma di incontrare una città, i suoi abitanti, diventarne parte viva, anche se per poche ore o per pochi giorni.

Per quattro ore ho passeggiato, ammirato, assaggiato, parlato e riso come se fossi andata a trovare un vecchio amico in una città che non conosco ma senza sentirmi un’estranea.

Oggi sempre di più vogliamo visitare, ma soprattutto vogliamo conoscere, incontrare e condividere.
Questo spiega il successo di inziative come “couchsurfing” , “bla bla car” o “Airbnb” in cui l’elemento incontro è un elemento chiave.

Domani, però, e so che Michele non ne avrà male, ho chiesto una visita del centro per due ore con una guida: la scorribanda mi ha fatto venire voglia di scoprire chi si nasconde dietro quei pesanti portoni, quali famiglie e quali storie emergeranno dal passato.

Foto di Copertina: Torino dall’alto, foto di Andrea Mucelli, via flickr

Tram a Torino
Tram a Torino, foto di Maurizio Montanaro, via flickr

 

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Autore: Cristiana Pedrali

"Amare il proprio lavoro è la cosa che si avvicina di più alla felicità sulla terra" (Rita Levi Montalcini) e ".. perchè quando le persone vere cadono nella vita reale si rimettono in piedi e riprendono a camminare" (Carrie Bradshaw "Sex and the city"): questi sono i miei due mantra. Io sono un pò così: mi muovo tra il serio ed il faceto per restare a galla tra mille interessi ed impegni e riuscire a sorridere. Ho lavorato e lavoro nel settore del turismo e del web ed ogni tanto cerco un pò di ossigeno nella scrittura e nei viaggi!
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