Se non avete ancora deciso cosa ne sarà di voi durante queste vacanze di Pasqua, seguiteci in questo viaggio alla scoperta del pane e delle sue innumerevoli forme in Puglia.

I pugliesi sono stati capaci di modellare un elemento base della cucina italiana in mille e una foggia, trasformandolo in una vera e propria avventura con i colori e i sapori tipici del Sud Italia.

Iniziamo il nostro tragitto da Altamura.

 

Il pane di Altamura: la città dorata

Impossibile non averlo notato, così grande e con quella crosta croccante che lo caratterizza, anche dai panettieri non pugliesi.
Eppure proprio la sua dimensione può scoraggiarne l’acquisto, perchè sempre più spesso oggi si mangia fuoi casa e il consumo del pane è legato solo alla merenda dei piccoli (che disdegnano un sano panino a favore di altro, purtroppo) o alla cena, per cui un pane così grande resterebbe inutilizzato diventando troppo secco.
Ed è un vero peccato ed anche un errore, perchè anche una volta divenuto secco, i modi per deliziarsi con il suo aroma e con la sua consistenza non mancano.

Nato in una città che, fondata da un fuggiasco di Troia secondo la leggenda, ha conosciuto tempi di splendore sotto Federico II ed anche dopo, il pane di Altamura è però un pane povero che ha la grande qualità di essere molto duttile e versatile, tanto che le ricette che lo mettono al centro della cucina pugliese sono numerose:

“Zuppa del povero”: una zuppa fatta con i pomodori maturi, aglio, origano, basilico in cui intingere i crostoni di pane.
Pochi ingredienti poveri, ma il risultato è delizioso sia in inverno, quando la potete gustare calda che d’estate quando la gusterete fresca.

E poi c’è il “Pane in carrozza” (un parente locale della napoletana “mozzarella in carrozza”) fatto con fette di pane ricoperte di scamorza, ventresca di tonno rosso (possibilmente), pomodori secchi, olio sale e uova. Il pregio di questo piatto è proprio la sua semplicità che non sacrifica, però, la golosità; neppure i bimbi più capricciosi sapranno resistere a questo piatto. Il “pane in carrozza” perfetto sprigiona al primo morso il calore dei pomodori maturati al sole, il gusto salato e fresco del mare nel tonno e la dolcezza delle olive di piante millenarie: é un capolavoro.

E poi la “Cialda fredda” fatta con pane, acqua, pomodori maturi, cipolle rosse, fette di limone, origano, prezzemolo per avere un piatto che rinfresca dopo una giornata al sole, ma perfetta, nella sua versione calda, al rientro da un ventoso pomeriggio.

 

Il Pane di Laterza: il pane dei legionari di Roma

La crosta croccante e dorata, la forma a treccia ed un profumo inconfondibile? Siete nelle “gravine” pugliesi, quei territori che ci fanno sognare i “canyons” americani anche qui a casa nostra.

Le “gravine” sono territori fertili, ricchi di acqua e perfetti per le coltivazioni di cereali e per il pascolo delle greggi. Non è un caso se i legionari della Terza Armata di Roma si fermarono qui e proprio qui fondarono un villaggio, appunto Laterza. Il nome pare derivi proprio da “La Terza”, il nome della legione romana.

Oggi, al posto dei legionari, ciò che rende noto in tutto il mondo questo quieto villaggio è il suo pane fragrante.
I fornai di Laterza hanno poche e semplici regole da cui non si allontanano: forno preriscaldato a circa 400°C con fuoco ottenuto da rami di ulivo, nocciolo o pino aromatico a seconda della stagione, lievitazione lenta (almeno 4 ore) e la forma a treccia.  Gustatelo con la “carne al fornello”, ovvero la carne arrostita su fornelli nelle varie rosticcerie e ristoranti di Laterza che usano, per il carbone, solo essenze aromatiche.

E dopo aver goduto delle gioie della tavola, regalatevi una gioia per gli occhi visitando la più nota “gravina”.
Gravina di Castellaneta: un vero canyon che on ti saresti aspettato nel profondo Sud italiano.

 

Tutti fornai con la facile ricotta del “pane di Laterza”

210 gr di semola di grano duro
90 gr di farina di tipo “0”
90 gr di lievito (preferibilmente madre)
210 gr acqua
6 gr sale

Amalgamate e lavorate l’impasto aggiungendo l’acqua in modo graduale in funzione del suo assorbimento.
Aggiungete il lievito ed il resto dell’acqua. Lavorate per un paio di minuti ed aggiungete il sale. Amalgamate per circa tre minuti ancora.
Lasciate l’impasto a lievitare per due ore in un posto tiepido e poi modellatelo in forme ovali e lasciate nuovamente a riposo per altre due ore.
Ora il tocco magico: modellate le vostre trecce.
Cuocete a 220°C per i primi 5 minuti e poi riducete a 200°C per altri 30 minuti almeno.
Come vi accorgerete che è pronto? Un’aroma di pane in tutta la cucina ed oltre e il colore dorato della pasta.

 

La  fresella: il pane dei marinara che sta bene sulla tavola dei buongustai

Una sottile sfoglia di pane croccante di forma ovale passata due volte in forno: ecco la “frisella” o “fresella”.
0 Grassi, 0 zuccheri, solo acqua e farina. Un ottimo passepartout per i pranzi e le cene dei marinai come per le tavole più golose, se accompagnato da qualche altro ingrediente.

Le navi che partivano per rotte poco battute e per lunghi viaggi senza potersi fermare spesso in porto non mancavano mai di imbarcare un carico di “freselle” per i propri marinai.
E paradossalmente proprio i marinai avevano la possibilità di gustarle nel migliore modo possibile, ovvero inzuppandole in acqua salata.
Ed anche a casa, le mogli di quei marinai sapevano perfettamente come rendere appetitose le “freselle”: acqua salata, ma anche brodetto di polpo, l’acqua di salamoia dei fagioli e mille altre possibilità.

La leggenda racconta che un panettiere abbia dimenticato dei pani in un forno troppo a lungo e, invece di buttarli, li portò a casa e cercò di renderli meno duri con acqua, salsa di pomodoro ed olio. Così sarebbe nata la “fresella”.
Aggiungete una spolverata di formaggio di capra ed… ecco un delizioso snack.

Il posto migliore per gustare le vere “freselle”? Non c’è un posto ideale, ma il piccolo ovale di grano duro è diventato così famoso da varcare i confini della Puglia e diffondersi in tutto il Sud Italia.

Però, se non avete ancora deciso dove andare per le vostre vacanze pasquali, considerate senza dubbio una visita a Lecce, che vi ammaglierà per il suo stile barocco.

I maestri carpentieri di Lecce della fine del Cinquecento e del Seicento sono stati davvero dei grandi artisti: hanno lavorato la pietra leccese, di un colore più caldo del tufo molto diffuso a queste latitudini, con tale maestria e cura che una visita per Lecce corrisponde a sfogliare un manuale di arte barocca, ma con in più i rumori, i sapori ed i profumi della vita vera.

Se non volete seguire le guide del centro città, che non tralasceranno di visitare i punti  più noti, come la Basilica Santa Croce, la Chiesa San Matteo, il Complesso dei Celestini, la Chiesa di Santa Chiara e la Chiesa Santa Maria delle Grazie, perdetevi nei vicoli del centro e “su la testa!”. Ogni cornicione, ogni balcone, ogni tetto racconta una stoaria di amore e di cura per la bellezza che forse oggi non c’è più.

E se invece pensate di visitare Lecce a fine Maggio, sarete in tempo per “Cortili Aperti”: una volta all’anno Lecce apre i suoi cortili ed i suoi palazzi storici: quest’anno i cortili aperti saranno ventisette a cui si uniscono 5 chiese. http://www.leccenelsalento.it/cortili-aperti/

Maggio è un fiorire di eventi per Lecce, ai “Cortili Aperti” si unisce anche “Cantine Aperte”. Se cercate più informazioni, cliccate su http://www.leccenelsalento.it/cantine-aperte/

 

Una curiosità: la vera caponata

La “fresella” è anche l’ingrediente fondamentale della “caponata”: melanzane, zucchine, peperoni rossi e gialli, qualche acciuga, olio di oliva, pomodori, sale e lei, la nostra “fresella”.

La “caponata” , così familiare e quasi negletta dall’alta cucina, è in realtà un piatto ricchissimo di elmenti nutritivi con un apporto di grassi molto basso. Insomma un vero portento.

Siete ancora in dubbio su dove passare il vostro week end lungo pasquale? Bando ai dubbi: preparate le vostre valigie e partite per un soggiorno all’insegna di pane, amore e Puglia!

 

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