Avamposti di biodiversità, capaci di assorbire anidride carbonica e di contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, le zone umide sono un patrimonio naturale da tutelare
Cosa si intende con “zone umide” e perchè queste aree sono un patrimonio così importante e da tutelare? Scoprilo leggendo questo articolo.
Quando si parla di “zone umide” in riferimento agli ambienti naturali ci si riferisce a quelle zone dove la terra e l’acqua convivono. I laghi alpini e le paludi sono due validi esempi di cosa si intende con la definizione “zone umide”. Per la Convenzione di Ramsar, nella definizione “zone umide” sono comprese anche le distese di acqua marina, salmastra o salata la cui profondità durante la bassa marea non va oltre i 6 metri.
Perchè le zone umide sono così importanti?
Le zone umide sono molto importanti per diversi motivi:
- sono ricchissime in termini di biodiversità, sia di flora che di fauna;
- sono tappe tappe intermedie dove si fermano gli uccelli migratori;
- forniscono fondamentali servizi ecosistemi. Le alghe, ad esempio, hanno un ruolo cruciale per la fitodepurazione;
- sono spessoo vicine a luoghi dove, grazie alla presenza dell’acqua si sono sviluppate civiltà importanti;
- sono in grado di trattenere parte dell’anidride carbonica responsabile dei cambiamenti climatici, sottraendola così dall’atmosfera.
La Convenzione di Ramsar
Per tutelare le zone umide nel 1971 è stata stipulata la convenzione di Ramsar che le ha definite in modo più preciso anche a livello internazionale. Attualmente sono 172 i Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione di Ramsar e tra questi ci sono tutti i membri dell’Unione Europea.
In Italia ci sono 66 aree Ramsar in 15 regioni e 57 sono riconosciute per importanza internazionale.
Purtroppo, le “zone umide” sono tra gli ecosistemi più colpiti sia dal cambiamento climatico che dallo sfruttamento delle risorse naturali.
Per questo, il Parlamento Europeo, con la Risoluzione del 2019 si è posto come obiettivo quello di proteggere e preservare almeno il 30% delle aree marine e terrestri dell’Unione Europea. Queste zone comprendono diverse realtà: foreste, zone umide, torbiere e aree marine.
Nel giugno del 2022 è stata presentata dall’Europa una legge “Nature Restoration Law” che ha come obiettivo quello di ripristinare il 20% delle superfici terrestri e acquatiche entro il 2030.
In Italia, Ispra, Arpa e Regioni hanno censito 1.500 zone umide sul nostro territorio oltre a quelle Ramsar. Alcune “zone umide” si trovano in parchi naturali o siti tutelati dalla rete comunitaria Natura 2000. Mentre altre zone non facevano parte di nessuna aree tutelate e dopo questi controlli sono state attenzionate per essere inserite tra quelle che devono essere controllate.
Cosa fare per tutelare le “zone umide”?
Per poter continuare a mantenere in buona salute e tutelare le “zone umide”, secondo quanto afferma il Protocollo Ramsar e la Nature Law, è fondamentale ridurre l’uso di fitofarmaci in agricoltura.
È necessario mettere in atto un ecologia integrale che prenda in considerazione l’uomo e le sue attività, integrandole con l’ecosistema naturale. Così, l’agricoltura dovrebbe essere biologica e a misura dell’ambiente cho llo circonda.
L’agricoltura dovrebbe convivere in armonia con le zone umide, addirittura accogliendo alcune di queste all’interno delle aree coltivate, lasciandole come oasi a disposizione della fauna selvatica locale.
In conclusione, laghi, stagni, lagune, paludi, acquitrini, fontanili, risorgive e torbiere, che un tempo erano ambienti molto più diffusi, oggi più rari ma è fondamentale tutelarli. Infatti, le zone umide sono una miniera preziosa per la biodiversità e per la lotta ai cambiamenti climatici.
Foto di Copertina via Canva Pro