Mai prima d’ora abbiamo prodotto e consumato tanta carne come oggi. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura ogni anno vengono uccisi 65 milioni di animali per nutrirci. Nel 2018 sono stati prodotti più di 340 milioni di tonnellate di carne mentre nel 1961 ne sono stati prodotti “solo” 71 milioni, il consumo di carne è aumentato molto, soprattutto a causa della crescita economica e demografica nel mondo.
Questa produzione di massa non è senza conseguenze, infatti l’allevamento intensivo contribuisce enormemente ai cambiamenti climatici e all’effetto serra, deforestazione, spreco d’acqua e la degradazione del suolo, acqua e aria. Circa il 25% degli attuali problemi ambientali sono legati alle nostri abitudini alimentari, in effetti l’allevamento intensivo genera il 14% delle emissioni di gas a effetto serra totali, è proprio la stessa quantità generata dai trasporti il che ci permette di capire meglio la gravità del problema.
La FAO dice che l’allevamento intensivo genera 7 milioni di tonnellate di CO2, il 41% causato dalla produzione e la trasformazione di mangime per il bestiame, il 44% è dovuto alla fermentazione enterica (i ruminanti producono una grande quantità di metano durante la loro digestione ed è più dannosa per l’atmosfera rispetto all’anidride carbonica), il 10% è dovuto allo stoccaggio e al trattamento del letame, il resto è causato dal trasporto del prodotto finale, la carne.
Tuttavia non tutto il bestiame è allevato allo stesso modo e quindi non tutto il bestiame ha la stessa impronta ecologica , per esempio il manzo e l’agnello sono le carni che causano la maggior parte delle emissioni di gas (74%) e richiedono grandi quantità mangime e di acqua (13.500 litri solo per 1 chilo di carne) rispetto al maiale (4600 litri) o al pollo (4100 litri). Inoltre la carne di manzo alimenta maggiormente il cambiamento climatico ma è la carne meno consumata.
Si pone un altro problema: la deforestazione per poter far spazio agli allevamenti intensivi, la stragrande maggioranza dei terreni agricoli (70%) è usata per piantare mais, grano e soia per nutrire il bestiame, questa quantità basterebbe a nutrire almeno 3 miliardi di persone. La mancanza di terreni agricoli porta alla deforestazione, è il caso in Amazzonia dove il 91% dei terreni recuperati tramite la deforestazione è usato per i pascoli o per la produzione di mangime che sarà poi dato in pasto al bestiame.
Le attuali pratiche di allevamento sono insostenibili e la situazione peggiorerà perché in pochi decenni la popolazione mondiale raggiungerà i 10 miliardi. Di conseguenza, trovare nuovi modi sostenibili per produrre cibo è una questione urgente e necessita che tutti facciano uno sforzo per ridurre il consumo di carne. Non è necessario diventare vegetariani o vegani, ma è possibile condurre uno stile di vita più sano per sé e per il pianeta, inoltre ci sono molte alternative alla carne come la soia, le lenticchie e le uova che sono più proteiche della carne.
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