Un antico paesino fortificato semi abbandonato a 1250 metri di quota ai piedi del Gran Sasso, ha ripreso vita grazie ad un’imprenditore svedese. È la storia di Santo Stefano, Sextantio, un borgo incastonato tra le montagne aquilane (Abruzzo), rinato grazie alla pratica dell’albergo diffuso. Oggi è un esempio di successo, un’ospitalità autentica ed eco-sostenibile che è stata d’ispirazione per lo sviluppo del turismo green nel Parco del Gran Sasso e dei Monti della Laga.
Durante una notte d’estate, l’imprenditore svedese Daniele Kihlgren percorre le stradine strette di montagna del Parco del Gran Sasso e dei Monti della Laga in sella alla sua moto, quando in lontananza incastonato tra i monti scorge un piccolo borgo quasi abbandonato, Sextantio. E’ subito colpo di fulmine. Kihlgren viene catturato dall’armonia degli elementi architettonici, dalle case arrampicate sul pendio, dalla torre medievale e soprattutto dal paesaggio ancora intatto.
Un borgo non ancora deturpato dall’urbanizzazione. L’eccezione che conferma la regola del disfacimento urbanistico di tanti paesi italiani, dove le nuove costruzioni hanno circondato i centri storici cancellando l’armonia originaria con il paesaggio.
Sextantio: da borgo abbandonato ad Albergo Diffuso
Ma cosa era successo a Sextantio? Quello che è successo in tanti borghi del nostro paese: a partire della seconda metà del ‘900 gli abitanti hanno abbandonato progressivamente il paesino per trasferirsi in città.
Kilhgren ha deciso di preservare questo borgo e di farlo rivivere con un progetto di turismo sostenibile. Così ha recuperato i vecchi edifici secondo i principi della bioarchitettura per dare vita ad una forma di ricettività originale ed autentica: l’albergo diffuso.
3.500 metri quadrati di edifici sono stati trasformati in una struttura ricettiva con 27 camere, 55 posti letto che si estende per 13 vie e piazze. Non un vero e proprio hotel, ma un albergo diffuso. Il principio sul quale si è fondato il progetto è stato quello dell’inedificabilità. Ovvero non edificare nuovi edifici per rispettare quello che già esiste, utilizzando materiali locali, senza costruire nulla di nuovo ma semplicemente riparando e ristrutturando gli edifici originari. Il borgo è stato così riqualificato utilizzando materiali originari con tecniche costruttive tradizionali che prevedevano l’uso di malta e calce e inerti di pietra calcarea locale.
Gli arredi non sono da meno. Mobili di antiquariato, asciugamani in cotone tessuto alla maniera tradizionale e copriletti colorati.
La tecnologia è presente ma non visibile. Riscaldamento a pavimento e telecomando portatile per attivare luci e utenze, così non vi sono interrotti a vista. Non c’è la televisione, il telefono o il frigobar. Solo la rete wireless per internet. Ogni ambiente è stato lasciato alla sua funzione originarie e le pareti portano i segni evidenti dei secoli.
Oltre all’albergo tradizionale il progetto include una bottega di artigianato tradizionale regionale; una locanda per gustare le specialità del luogo a chilometro zero; e una cantina per la degustazione di prodotti tipici.
Un progetto che ispira la rinascita turistica di Santo Stefano
Nel 2002 l’ amministrazione di Santo Stefano e l’Ente Parco del Gran Sasso e dei Monti della Laga hanno sottoscritto una Carta dei Valori, ovvero un decalogo ambientale e paesaggistico per dare continuità all’albergo diffuso in modo da renderlo permanente nel tempo.
E, infatti, a novembre del 2013 il comune ha previsto per il nucleo urbano di Santo Stefano, un’estensione di 500.000 metri quadrati, un’inedificabilità assoluta per poter salvaguardare l’integrità e unicità del borgo.
Il successo di Sextantio
Sextantio è un business che funziona, che ha consentito la progressiva ripresa e crescita dell’economia locale. In primo luogo, il valore delle case è triplicato. Tant’è che non è rimasto nemmeno un appartamento invenduto. Fiorentini, veneti, bolognesi ma anche inglesi, tedeschi, francesi e belgi hanno comprato gli appartamenti più belli e raffinati dell’antico borgo. Inoltre le 21 ospitalità dell’albergo diffuso hanno creato ben 300 posti di lavoro. Infine vi è stato un netto aumento del turismo. Turisti attratti dalla bellezza e unicità del paesaggio e dalla particolarità dell’albergo diffuso che unisce la cultura contadina a servizi a cinque stelle.
L’impatto positivo sull’agricoltura locale
Ma il progetto di Kilhgren non si è fermato all’albergo diffuso. È stato progettato anche un programma per risollevare l’agricoltura locale. Il programma ha previsto il recupero della filiera produttiva della lana e la rimessa in coltura di sementi di grani antichi, per la produzione di pane e pasta per i ristoranti. Inoltre si è ritornati a coltivare la lenticchia nera, presidio Slow Food, coltivata secondo i metodi tradizionali ad oltre mille metri di altitudine sulle pendici del Gran Sasso.
Sextantio rappresenta un esempio virtuoso di rinascita di un borgo antico grazie al turismo sostenibile e al made in Italy di qualità. Un esempio di sviluppo sostenibile basato sulla tradizione ma anche sull’innovazione nonché sulla responsabilità e salvaguardia ambientale e delle tradizioni.
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