Avete mai pensato di visitare uno dei 6.000 borghi fantasma disseminati nella penisola?
Che siate alla ricerca di nuove emozioni e vogliate trasformarvi in ghostbuster nostrani o vogliate fare un sopralluogo, perché accarezzate il sogno di acquistare un borgo (secondo Fabio Di Bitonto sono 1.500 quelli in vendita), perché non trascorrere un weekend alla scoperta di uno dei borghi fantasma che vi presentiamo?
Non dimenticate di raccontarci se avete trovato qualche fantasma o solo memorie..

Gibellina, la piccola altura

Così la chiamavano gli arabi che qui vissero in pace a lungo. Non furono né arabi né altri a dettare la fine di Gibellina, ma il disastroso terremoto del Belice che nel 1968 rase al suolo questo villaggio e tanti altri della zona.
Nel tentativo di farlo risorgere dalle sue macerie sfruttando il binomio turismo e arte, a Gibellina vennero chiamati artisti come al letto di un grande malato e fu proprio uno di loro, Antonio Burri, a segnarne la fine: il Cretto Burri, ovvero una colata di cemento, ricoprì tutto, anche la memoria dell’antico borgo.
Oggi Gibellina Nuova è stata ricostruita un po’ più distante, in comune di Salemi, località Salinella.
Della vecchia Gibellina non resta che cemento.
Gibellina può essere visitata liberamente senza particolari accortezze.
Gibellina, il borgo fantasma, si trova in provincia di Trapani, Sicilia.

Borghi Fantasma: il borgo di Gibellina vecchia, opera d'arte di Burri
Il borgo fantasma di Gibellina Vecchia diventato una delle opere d’arte più grandi al mondo, foto Mattero Cannone, via flickr

Maratea, il Castello abbandonato

C’é una Maratea marina che si affaccia sul Tirreno e una Maratea sul Monte San Biagio, detta borgo Castello.
L’una e l’altra fiere e indipendenti. Una, quella sul monte, nata per sfuggire ai pirati arabi e agli altri scontri che si susseguirono sul territorio (i Vespri tra Francesi e Spagnoli per il possesso del regno di Napoli, ad esempio), l’altra cresciuta nei primi anni del Novecento grazie ai commerci e poi al turismo, in grado di rappresentare un ‘eccezione in un territorio, la Basilicata, tra i più poveri, se non il più povero, d’Italia.
Oggi Maratea marina è la sola Maratea che resta e che, probabilmente, acquisirà sempre più fama anche grazie alla proclamazione di Matera capitale della cultura europea del 2019.
Dell’altra Maratea, quella sul Monte Biagio, non restano che le rovine.
Dove non arrivarono i pirati e i soldati, arrivò l’esercito di Napoleone Bonaparte che nel 1806 ne distrusse le mura. Da lì alla perdita dell’indipendenza il passo fu molto breve; solo due anni più tardi, Maratea borgo Castello divenne borgo dipendente da Maratea marina e, poi, venne abbandonata.
Oggi non restano che le rovine e, lì vicino, la grande statua del Redentore che sembra abbracciare il mare e che mostra, al borgo Castello, le spalle.
Maratea Castello si trova sopra a Maratea, in provincia di Potenza.

La città fantasma di Maratea Vecchia,
La città fantasma di Maratea Vecchia, foto di Fabio Di Bitonto

Tamar, il recinto da cui sono scappati tutti

Un piccolo borgo in Friuli Venezia Giulia, non lontano da Spilimbergo, una vita di sacrifici fatta di alzatacce all’alba e di serate passate a chiacchierare e a raccontarsi storie di antenati e, forse, anche di fantasmi nelle stalle degli animali per scaldarsi un pò.
E i recinti per tenere i greggi durante la bella stagione, da cui il termine Tamar.
Di questi recinti e di quelle stalle a Tamar non restano che pochi resti.
L’ultima abitante, una signora, ha lasciato la sua casa a fine anni ’50: l’isolamento era troppo per i limiti imposti dalla sua età.
Oggi è possibile visitare quello che resta di Tamar e dei suoi racconti che il vento ancora porta.

Lampore, le castagne e un forno in comune

Antonio, uno degli ultimi abitanti nati a Lampore nel 1923, se ne è andato qualche tempo fa inneggiando ancora ai bei tempi passati là nel suo villaggio sui monti attorno a Cuneo. Vita dura quella di Antonio e dei Lamporesi: campi e bestiame, dieta fatta di ortaggi e poca carne, molte castagne e farina di castagne e pane cotto nell’unico forno del paese. E quando l’inverno si faceva più da presso, quando la terra si rompeva senza lasciarsi lavorare, la via della Francia per trovare un pò di lavoro. Eppure per Antonio quelli di Lampore sono stati gli anni migliori della sua vita e, forse, aggirandoci tra le rovine potremo sentire le voci di chi è stato bambino là con Antonio.

Poggio Santa Cecilia

Giuseppe Garibaldi ci soggiornò nel 1867 per curare la famigerata ferita alla gamba procuratosi in Aspromonte e Michael Jackson, raccontano le cronache, voleva comprarselo.
Vicinissimo a Rapolano Terme, immerso nel dolce paesaggio degli ulivi senesi, questo borgo aspetta che qualcuno lo faccia rivivere, che ripopoli le case in mattoni, le vecchie botteghe di falegname e di fabbro le cui insegne sono ancora visibili.
Magari attende che qualche giovane coppia con figli al seguito vi si trasferisca e che i figli facciano quello che devono fare tutti i bimbi, ovvero esplorare i dintorni e inoltrarsi nel Bosco Inglese dei Tadini-Buoninsegni, la famiglia che a lungo resse le sorti del borgo.
Oggi Poggio Santa Cecilia, nonostante nobili natali e ospiti illustri è disabitato e addirittura in vendita o forse già venduto a misteriosi proprietari che hanno messo un cancello e un lucchetto, ma …non si fanno mai vedere.
Fantasmi?

Città fantasma di Poggio Santa Cecilia, Rapolano Terme, Siena
Città fantasma di Poggio Santa Cecilia, Rapolano Terme, Siena

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