Le previsioni del tempo avevano annunciato pioggia e freddo per sabato 20 Marzo 2014, ma scorgevo a tratti tra le bige nuvole cinerine filtrare sprazzi di un sole brillante che rischiarava le strade di Berceto, avvolta nell’aria tersa e frizzante del mattino.
Camminavo con disinvoltura per il largo viale alberato, immersa nella piacevole sensazione della “sorpresa” che il bel tempo mi aveva regalato in occasione del mio quarantesimo compleanno.
Ascoltavo deliziata il fremito tenue del vento primaverile tra l’ombroso fogliame dei platani. Volevo,come prima tappa, passeggiare per le strade del centro osservando sia le costruzioni moderne che le bellezze architettoniche d’un tempo..
Nel ripercorrere, quest’ultimo snodo della via francigena mi sentivo come un pellegrino in cerca di pace. Da un dedalo di vicoli, sbucai nella piazza antistante il duomo, che ricordavo nei minimi dettagli per quante volte solevo soffermarmi di fronte alla facciata anteriore, catturata dall’imponente bellezza della costruzione.
In particolare mi affascinava la solenne configurazione architettonica della lunetta del portale con le sculture pre-antelamiche del XII secolo, che raffigurano le immagini di Cristo in croce con gli occhi aperti,vincitore sulla morte. E che dire del prezioso calice, splendente nella diafana trasparenza del vetro sottilissimo, qui custodito? Secondo la leggenda pare si tratti del Santo Graal, rimasto intatto nei vari spostamenti durante le invasioni longobarde grazie agli interventi miracolosi del patrono di Berceto, San Moderanno, e di San Remigio. Quante suggestioni religiose e culturali s’innestano nella trama avvincente della storia del mio paese! Proseguii alacremente a camminare per giungere fino all’arteria che lambisce i ruderi del castello della nobile famiglia Rossi, anch’essa oggetto di leggende interessanti.
Tornata in Italia, a distanza di dieci anni, assaporavo la gioia del ritorno. Mi ero stabilita in America per necessità, ma neppure il diavolo in persona sarebbe riuscito a sradicarmi dalla mia terra. Mio malgrado avevo dovuto trasferirmi dopo il fallimento del nostro antico laboratorio d’oreficeria. Nel tentativo di risollevarmi dalla crisi finanziaria vendetti casa e podere per non soccombere ai creditori che, dopo la morte dei miei genitori, non mi davano tregua.. Non riuscivo ad adeguarmi alla nuova realtà e trascorrevo le ore al laboratorio”Golden” a rimuginare il passato mentre ero china sul bancone da lavoro ad eseguire i manufatti d’oro commissionati. Il caporeparto controllava se quel che andavo realizzando corrispondesse alle prerogative richieste e, accortosi ch’ero zelante mi affidò incarichi di maggiore responsabilità. Nel giro di alcuni anni il direttore ebbe apprezzamenti positivi nei miei confronti perché lavoravo alacremente, tanto che fui promossa al grado successivo nello staff dell’art-director.Tutto andava a gonfie vele, ma quella vita alienante non mi andava a genio. Non c’era tempo di svagarsi e i giorni mi crollavano addosso come cenere di vulcano che tutto copre. Alla base dei miei problemi c’era il fatto che non riuscivo a metabolizzare quell’incalzante overdose di stress che m’accompagnava costantemente. Per di più faticavo a mescolarmi con quella gente dai modi di vita diversi, dal momento che ero avvezza al mio mondo provinciale dove ci si conosceva tutti. Vagheggiavo di allontanarmi da quel posto ed in primavera si presentò l’occasione tanto desiderata. In Italia ci sarebbe stata la prima mostra-mercato della nostra ditta tra quelle internazionali. Colsi la palla al balzo ed approfittando della conoscenza perfetta dei luoghi e della lingua mi feci avanti per andare in Italia come promoter nelle terre del parmense. Ebbi con facilità l’incarico e coincidenze mi spettò d’andare a Parma ..Avevo quindici giorni a disposizione per per vendere i prodotti e prendere le prenotazioni. Lungo il viaggio almanaccai che avrei alloggiato a Berceto e avrei fatto la spola tra le zone limitrofe e Parma. Non mi pareva vero di lasciarmi alle spalle il modesto attico dove dimoravo da eremita tra persone che mi passavano accanto senza scorgermi. Nel giro di poche ore l’aereo mi portò a Parma. Ansiosa di recarmi a Berceto, cercai il primo taxi libero e mi diressi verso l’hotel prenotato. Approdata nella stanza che mi era stata destinata, mi affacciai un attimo alla finestra per respirare una boccata d’aria pura e poi, sistemate le mie cose, mi abbandonai ad un sonno ristoratore. Il mattino seguente decisi di fare un giro turistico lungo un tratto del Po e poi al centro di Berceto.
Rividi le ampie vallate, le rocche gli antichi borghi medioevali, i castelli sontuosi, i chiostri silenti, i magnifici parchi, le sfarzose dimore signorili e tutto quanto rende fascinosa e senza pari la bellezza incontaminata delle nostre zone..
Non paga di questo, nel pomeriggio mi venne in mente di dirigermi fuori dall’abitato per rivedere quella che un tempo era stata la mia dimora. Diedi l’indirizzo al taxista e m’accordai che venisse a riprendermi dopo due ore. Volevo avere il tempo di esplorare i dintorni. La casa, circondata dal podere ben tenuto, non aveva subito alcuna modifica. Il che mi diede un brivido di compiacimento. Seguii l’istinto e, dal momento che avevo buone disponibilità finanziarie, elucubrai di presentarmi e fingere d’essere interessata all’acquisto di quella casa, anche se poteva sembrare una follia in quanto non c’era nessun cartello di vendita. Suonai al campanello. Venne ad aprire un signore sui settant’anni molto ossuto col volto incartapecorito che mi guardò in modo interrogativo “Buon giorno - mi chiese cortese - desidera qualcosa? ”Ebbi un po’ d’imbarazzo nel mentire “Buon giorno, mi scusi, è questa la casa in vendita? … non vorrei essermi sbagliata…”E lui col capo basso di rimando sbottò: “La manda Ines? Prego, favorisca”.
Non avevo la più pallida idea di chi fosse costei, ma stetti al gioco e lo seguii. Sull’uscio si affacciò una donna col faccione rubicondo e occhi neri di lince che mi squadravano nel domandare: "Signorina, è dei servizi sociali? Le ha parlato Ines?” M’affrettai a precisare “Scusate, ci dev’essere un equivoco non conosco Ines. Sono alla ricerca d’una casa da acquistare e pensavo…”
“Ah,bene - aggiunse sollevata - noi siamo Mara e Giuseppe Benzi e per mantenere nostro figlio ci siamo rivolti ai servizi sociali prospettando l’idea di vender tutto perché non riusciamo ad andare avanti con le spese...Lei è?”
“Isabel D’Urso. Da ragazza abitavo qui.”La signora, aggiunse:“Signorina per la mia lei è la figlia di Gino e Maria..gli orafi?” “Esatto sono persuasa che ci accorderemo. Rompiamo gli indugi … Ditemi … la cifra”
Giuseppe aggrottando le ciglia: “A noi, ad esser franchi occorrono oltre duecentomila euro per il viaggio in Svizzera, l’intervento e la degenza di nostro figlio…”“Ne convengo. Mi dispiace che vi troviate in simili circostanze. Non temete, vi darò quanto volete!”Il Signor Giuseppe restò un attimo a pensare, poi si riscosse e disse: “Restiamo intesi così: Preparerò gli incartamenti. Mi lasci il numero di telefono.”“Bene. Eccole il mio recapito ..a risentirci”Ci congedammo con una stretta di mano ed ebbi giusto il tempo di rimontare sul taxi che m’attendeva. Per tutta la sera nella mente girava come ruota di mulino l’idea che forse avevo fatto una scelta avventata. Uscii per impedirmi di rimuginare e gironzolai per la città ronzante e fervida come un alveare con i passanti che sciamavano allegramente. Assaporavo il respiro del tempo tra quei vicoli, quelle case e quelle torri.
Non so quanti mondi possono esservi nell’universo - meditai assorta - a me basta riappropriarmi delle mie cose in questo piccolo angolo di terra per ritrovare la quintessenza della felicità.
Del resto i soldi me li ero guadagnati a fatica e non dovevo render conto a nessuno per cui era inutile, pensai a conclusione delle mie riflessioni, badare a spese. Rasserenata, rientrai nella mia stanza e m’addormentai profondamente con tutto il brusìo chiassoso degli avventori che ciarlavano senza sosta - si sa noi emiliani siamo festosi e buongustai!
A questo punto della narrazione devo giungere al gran finale ….Trascorsero trenta giorni - tempo necessario per mettere in atto l’acquisto e per smaltire le vendite della ditta - e poi, come previsto, avevo centrato gli obiettivi. Tutto si era svolto nel migliore dei modi. Avevo realizzato i miei sogni. Per festeggiare il buon esito raggiunto mi concessi una grande abbuffata di tortèj dòls conditi con burro fuso e doppia razione di parmigiano reggiano - in barba ai dietologi.
Paga e satolla imboccai la via per Parma e ripresi l’aereo per varcare di nuovo l’oceano. Prima del decollo gettai uno sguardo malinconico alla dolce pianura verdeggiante, agitata da una leggera arietta, segno del primo alito struggente della primavera annunciata dal volo rapido di uno stormo di uccelli migratori e mormorai estasiata: “A PRESTO ! BERCETO …. MY LOVE!”
Autore: Adele Turco
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