Le verdi colline del Chianti sonnecchiano aldilà della finestra socchiusa della mia cucina, baciate dal sole, mentre impera la quiete di un fresco mattino d’estate. D’improvviso il silenzio sbadiglia, con sbuffi di vento che il mondo risveglia.
Cielo azzurro e bianche nuvole d’ovatta a completare il quadro.
Rallentano i miei pensieri, mentre seduta con una tazzina di caffè fumante, raccolgo le prime luci del mattino, i primi suoni e profumi.
Una gran voglia di partire, per esplorare ogni piccolo angolo di questo mondo a molti sconosciuto. Potrei farlo con la macchina, il treno, la moto, la mountain bike, a piedi… ma il viaggio è soprattutto nella testa. Ed è da qui che voglio partire, accarezzando con i pensieri la geometria delle pallide e verdeggianti distese oltre i gerani della mia finestra, i muri sbrecciati e i tetti scompigliati delle case vicine.
L'argento delle viti, la candida punta dei cipressi secolari a sfiorare il cielo, il bianco delle strade sterrate e polverose, il dorato del grano e il giallo dei girasoli danzanti nei campi danno vita a quadri suggestivi e armonici, degni delle pennellate di grandi pittori.
Comincia qui il mio percorso alla scoperta della terra di Siena, che non mi ha messo al mondo, ma mi ha adottato in età adulta, divenendo Terra Madre per me e Terra Nonna per la mia bambina. Un intreccio di vite, ma anche odori, sapori, colori e meraviglie, che non basterebbe un libro a raccontare.
Siena è un piccolo grande mondo incantato. La bruma mattutina è una sua costante, insieme agli alberi che si acconciano a fedeli guardiani di questa città piccola, ma in grado di contenere l’immenso.
E’ un cuore medievale che pulsa nel corpo soffice e sinuoso delle colline toscane.
E’ una storia fatta di mille altre storie, che si uniscono, si intrecciano, si incastrano, come quelle di tutti i luoghi, le città, i paesi, i borghi, i piccoli grandi mondi che fanno la nostra Terra. Un giorno qualcuno mi ha sussurrato che la terra di Siena contiene un segreto e da allora non smetto di pensarci. E’ stata una signora anziana che ho conosciuto per caso, durante una passeggiata nei boschi. Ho cominciato così a prestare attenzione, ad ascoltare la voce delle colline nel silenzio, il mormorio del vento tra i cipressi, il canto degli uccelli, il suono delle campane, il frastuono delle strade, le voci degli uomini e delle donne che in questo posto sono nati e cresciuti. Chissà quale sarà questo segreto, se è vero che c’è. Mi piace anche credere che esso sia semplicemente racchiuso nella bellezza di ciò che possiamo scoprire vivendo a Siena per un giorno, due o magari per tutta la vita.
La magia del viaggiare si sposa con il piacere di ospitare, di mostrare i gioielli della propria terra, di offrire ciò che di buono si possiede per natura a chi lo sa apprezzare. E Siena, coi suoi abitanti, in questo è brava. Ha il gusto e la voglia di farsi scoprire, di svelare il bello racchiuso tra le sue mura e aldilà di esse.
Sono ancora seduta a sorseggiare il caffè, di cui ormai è rimasto il fondo nella tazzina, e a rimirare l’incanto delle colline oltre il mio naso, quando con i pensieri mi sposto un po’ più in là, dove c’è una grande porta che si spalanca alla città vecchia. Si chiama “Porta Camollia”. Da qui si accede al cuore medievale che pulsa veloce e fa più rumore, specialmente quando c’è aria di festa, per via del Palio, che si conserva e si rinnova da secoli, il 2 luglio e il 16 agosto di ogni anno. Siena è il Palio. Il Palio è Siena. Impossibile scindere le due realtà, straordinariamente intrecciate fra loro come cielo e terra. I riflessi rosati dei palazzi di piazza del Campo e il sole che gioca a nascondino con la Torre del Mangia sarebbero la mia icona preferita se dovessi inventarmi un francobollo di Siena, di quelli che guardi una volta e ti rimangono impressi per sempre. Anche chi non è mai stato da queste parti sa che per il Palio la piazza si veste di colori, drappelli e magia, che per il palio si ride e si piange, si ama e si odia, si vive e si muore. Questa è storia. E’ la storia di Siena. Ho abbandonato la tazzina di caffè sul tavolo della mia cucina, rapita da una spasmodica voglia di percorrere a piedi la strada che dalla collina di fronte a casa conduce, come un’arteria verdeggiante, al nucleo di mattoni che risplende tra le mura medievali. Adesso cammino lentamente per le strade della mia città: già, la mia. Non quella dove sono nata e cresciuta, dove mi sono innamorata per la prima volta, dove il destino mi ha annidata, ma la mia città, quella che ho scelto con il cuore per una sensazione astratta ed irrazionale, per un amore a prima vista e a fior di pelle, che aldilà di ogni immaginabile previsione mi ha fatto sentire al posto giusto, nel tempo giusto. La città che mi ha mostrato chi sono davvero, cosa voglio e dove voglio arrivare, che mi ha accolta tra le sue braccia e mi ha dato fiducia, senza chiedere nulla in cambio. Discreta e riservata, mi ha lasciato esplorarla, qualche volta giudicarla e criticarla per le sue stranezze, per il modo di pensare e di agire della sua gente, diverso dal mio. Chi non è nato a Siena non può capire certe cose. Le bellezze artistiche e naturali di questo luogo sono indiscutibili. I castelli, le pievi, i borghi antichi limitrofi sono una goduria per gli occhi e per il cuore. Percorro le viuzze della città che pullulano di negozietti dell’artigianato locale e che non stancano neppure chi in questo posto ci vive da sempre (il senese può sentirsi turista a vita e non annoiarsi mai), quando d’improvviso mi viene in mente di raggiungere un angolo del mio paradiso dalla bellezza indescrivibile ed impareggiabile.
Si tratta della Certosa di Pontignano, un ex convento certosino del Trecento, che conserva il suo aspetto originario di luogo adibito alla preghiera, alla meditazione e alla pace. Oggi non è più un convento, ma un Centro Congressi dell’università.
Non posso arrivarci a piedi, devo seguire una strada di quelle che si perdono in collina, fatta di curve, salite e discese, vigne ed oliveti, dove ci si fermerebbe ad ogni giro di gomma per respirare a pieni polmoni l’aria densa di verde e meraviglie.
Mi incuriosisce il fatto che lì vivessero i frati certosini. Sarà che ho sempre avuto interesse per questo tipo di vita di reclusione e preghiera.
Quando per la prima volta ho varcato l’ingresso della Certosa di Pontignano, ho avvertito una forte scossa emotiva ed ho dovuto strizzare gli occhi più volte, per avere la certezza che non fosse tutto un sogno. La magia e l’incanto appaiono immutati, perpetui. E’ stato amore a prima vista, è diventato il mio rifugio, quello dove mi rintano lasciando fuori tutto il resto del mondo. E’ quell’”altrove” dove spesso ci si vorrebbe materializzare, quando il brusio della vita attorno è troppo forte.
Il cielo dalle tinte pastello si confonde con la terra. Il sole interviene a dare pennellate di giallo sfavillante, in un balletto di continui scintillii luminosi, così che i chiostri, gli alberi e le colline sembrano incastonati a filo come grani di luce, in una cornice di cui divento protagonista.
Aleggia un’aura di mistero che rapisce.
C’è un segreto celato fra i loggiati, le pareti monumentali, i giardini, persino le pieghe dell’alba che quell’oasi ristora.
Torno a casa e dalla finestra della mia cucina rimiro in lontananza la collina su cui si erge la Certosa splendente. Sorrido guardando la posa del caffè sul fondo della tazzina abbandonata al mattino.
E’ una lettera: “C”. Di Certosa, ma non solo.
Io le ho affidato un segreto. L’ho fatta scrigno di un tesoro, che non è quello della Terra di Siena, ma il mio. E mi piace pensare che chiunque passi da lì, abbia voglia di lasciare il proprio, indicibile e imperscrutabile. La Certosa dei Segreti: la guardo, aldilà dei gerani, dove tutto comincia e tutto finisce, congiungendosi in un punto che chiude il cerchio perfetto. Quello della mia vita e di chiunque la farà scrigno dei propri inconfessabili e favolosi segreti.
Autore: Daniela Cavone
Premio Letterario Racconta la tua città
Foto di copertina: colline morbide senesi, foto di Antonio Cinotti, via flickr