Ore 9.00: weekend, relax. Oggi niente mare, niente caos, niente turismo di massa. Mi sveglio nella mia casa di Santarcangelo di Romagna, un piccolo borgo medievale nell’entroterra a circa 10 Km dal capoluogo riminese e ho solo voglia di aria buona, di profumi, di sapori veri. Bici pronte ed eccoci che io ed Emma pedaliamo lungo la pista ciclabile che costeggia la via Santarcangiolese, dirette verso il centro storico. Poco prima di piazza Ganganelli, girando lo sguardo a sinistra, la Rocca malatestiana spunta dall’alto maestosa rievocando antiche battaglie, e al di sotto della passeggiata panoramica, i bambini giocano in un verde parco, a pochi centimetri dalla storia.
Seguendo il ritmo lento ma vivace che accompagna questa cittadina, pedaliamo verso il mercato agricolo, un luogo dove bontà si unisce a qualità e tradizione, dove trasudano odori di pomodori rossi, di peperoni, zucchine, raccolti con le mani di chi le ha piantati. Tutto locale. Il km zero per eccellenza. Compro dei fagiolini. Li cuocerò stasera per cena assieme al galletto, ruspante. Cotti a vapore e conditi con un filo d’olio EVO preso al frantoio qualche giorno prima. Non c’è bisogno di altro per sentire il sapore della qualità. La piadina appena fatta renderà il suo gusto tipico romagnolo.
Ore 13.00: “Mamma ho fame!” Poco distante dal mercato agricolo, c’è un luogo, al di fuori dai posti turistici, in cui le zdore di una volta cucinano come se fossero nella cucina della loro casa, fuori un cartello “Da Luciana e Mara”, dentro le tagliatelle al ragù tra le più buone. E oltre a ciò strozzapreti pasticciati, ravioli, piadine e cassoni. Tutto hand-made. Mangi lì o take away. Quando varchi la soglia, si affaccia dalla cucina la signora col grembiule bianco e la fronte sudata ad accoglierti con il sorriso della Romagna, quello che ti ispira fiducia. “Due bei piatti di tagliatelle al ragù, grazie.” Slurp. Finiti. Pappati.
Dopo il succulento pranzo, porto Emma a fare una passeggiata digestiva nei vicoli del centro storico. Lei vuole giocare a nascondino e non è difficile farlo attraverso gli angoli e le salite che percorrono il borgo fino al celebre campanone. Ogni volta che la scopro le faccio notare un particolare, e le racconto che tanti anni fa, i ciottoli della scalinata che ora calpesta con le sue scarpette, erano un colle, colle Giove, su cui è nata la cittadina medievale e la strada su cui cammina erano contrade percorse sui cavalli da signorotti con gli stivali; la Rocca che vede era tanti anni fa era invece il luogo di protezione della città, da cui poter avvistare i nemici: “Ecco perché le rocche nascono in alto, su antichi colli.” E divertendosi impara un po’ di storia, di tradizione popolare. Contrada dei Fabbri, contrada dei Nobili, anche i nomi riportano al passato e sono silenziose di traffico, ma rumorose di vita. Quasi ad accogliere chi passa di lì, le signore si siedono fuori le proprie case colorate dalle sfumature del tempo passato. Capita di vederle raccogliere il bucato dai balconcini fatti di mattoni e passare ore a guadare fuori. Tutt’ora te le immagini nelle loro case preparare la sfoglia con 12 uova, la piadina con lo strutto, il ragù nei pentoloni, le conserve da mettere in cantina, le tagliatelle da gustare in compagnia di allegri amici, tavolate chiassose e cadenzate da stornelli romagnoli di una volta. E poi, il sorriso, che renderà più buono ciò che è già autentico, ciò che è fatto con le mani della terra. E’ proprio vero che le cose semplici e autentiche vivono attraverso i secoli.
I grembiuli romagnoli macchiati di sugo, i canovacci, le tovaglie imbandite a festa rivivono ancor oggi nell’antica stamperia artigiana Marchi, dove, dal 1600, si stampa a ruggine la tela con gli stessi colori e metodi di un tempo mantenendo vivo il patrimonio dell’arte popolare romagnola; la stiratura finale viene ancor oggi data dal mangano a ruota, funzionante dal 1600 e l’unico per dimensioni esistente al mondo. Una bottega che è insieme museo, fabbrica e negozio. Anche oggi Emma ha imparato qualcosa di nuovo, di vero, toccando con mani la storia.
Scendiamo lungo le mura che costeggiano la rocca e ci fermiamo nel parco a rilassarci un po’. Si respira aria buona qui, aria delle colline verdeggianti resa frizzante dalla brezza del mare, non troppo distante. Le nostre bici ci attendono, loro sono già stanche ma prima di tornare a casa voglio far scoprire ad Emma un posto nuovo, Teatro Condomini. Sembra solo un teatro, in realtà è un piccolo bistrot-enoteca ricavato all’interno di una grotta rivisitata da un architetto, in cui se vuoi, puoi mangiare circondato da libri e oggetti d’arte, o passare anche tutta la serata con un buon libro. Accompagnato da un buon bicchiere di vino. All’interno un piccolo angolo di cultura ed enogastronomia locale. Peraltro i prodotti trattati sono a Km zero. Il menù? Redatto su un foglio di un quotidiano. “Fico!” mi direbbe (se fosse abbastanza grande).
Ore 16.00: riprendiamo le nostre bici e torniamo indietro lungo la ciclabile, ci fermiamo al punto distribuzione di acqua dove riempire gratuitamente una bottiglia di acqua liscia o gasata, direttamente dalla fonte. Siamo a casa. Ma gli occhi curiosi di Emma non sono ancora stanchi. E allora, qualche km più avanti, percorrendo la via Santarcangiolese, oltre il paese di Torriana, ci dirigiamo verso un minuscolo borgo incentrato quasi esclusivamente su un castello, Montebello. Quasi un luogo di fiaba, arrivarci è una strettoia di curve in salita che sembra portare sempre più in alto. “Guarda sotto!” Una splendida vallata verde. Altezza 436 metri per l’esattezza. Un luogo dove tutto sembra ritrovare quiete. All’imbrunire il castello si fa più misterioso, magico, proprio come la leggenda che c’è dietro, la leggenda di Azzurrina. La racconto ad Emma, sembra abbia ancora voglia di fantasticare: “Nella fortezza che vedi molti molti anni fa nacque una bimba come te, che aveva gli occhi color cielo e i capelli chiari, quasi bianchi da doverli tingere per non sembrare troppo diversa dagli altri bambini. Ma per una strana magia i capelli un giorno divennero dai riflessi azzurrini”. Era il 21 giugno di quel lontano anno quando, nel nevaio della vecchia Fortezza, la bimba scomparve e non venne mai più ritrovata. E si narra che allo scadere del solstizio estivo con un suono, un’apparizione, Azzurrina si faccia ancora sentire, suscitando la curiosità di adulti e bambini che vengono da ogni parte del mondo per far parte per un giorno di questo mondo fiabesco. Leggenda o realtà? Chissà. Io ed Emma visitiamo il castello e le stanze dove si dice rievochi Azzurrina. Magia o finzione, ci sembra comunque di tornare in un’atmosfera del passato, e riviverlo sulla nostra pelle. Circondati da questa aurea di magia torniamo verso casa. Ci aspetta un buon galletto da mangiare, fagiolini dell’orto e piadina romagnola.
Ore 19.00: dietro nuvole tinte d’arancio, giungiamo alla fine di un pomeriggio d’estate. Per un giorno siamo fuggite da spiaggia e secchielli per rifugiarci in un’atmosfera genuina, fatta di cose semplici, di luoghi storici, artigianali, naturali. Nel 2010 Santarcangelo entra a far parte delle 70 piccole città del buon vivere in Italia, città Slow, la prima del comune riminese. Anche questo è Romagna, non solo mare e movida, ma anche vivere slow. Meglio di così.
Autore: Rosella Cancellara
Premio letterario "Racconta la tua città"
Copertina: foto di