Parliamo spesso di turismo responsabile, ma quanto è complessa questa espressione? IT.A.CÀ è il festival del turismo responsabile, che da anni affronta le mille sfaccettature del fenomeno. Mira a promuovere la valorizzazione dei luoghi in maniera slow. Quest’anno il tema del festival è la restanza. È un fenomeno analizzato dal Prof. Vito Teti, antropologo, nel suo libro, “Pietre di pane. Un’antropologia del restare”. Cos’è la restanza? È una scelta di vita. Ieri le persone emigravano; oggi continuano a farlo, ma altrettante scelgono invece di restare in un luogo. E le due cose non sono necessariamente opposte, piuttosto complementari. Scopriamo di più.

Foto di Noemi Usai
Foto di Noemi Usai

Tanti piccoli borghi italiani in abbandono

Perché è importante parlare di restanza? Perché il nostro Paese è da decenni vittima – si è la parola adatta – di spopolamento. È definito come la diminuzione della popolazione di un’area a causa dell’abbandono volontario o forzato da parte dei suoi residenti. Niente di nuovo, siamo tutti a conoscenza, purtroppo, del fatto che i piccoli centri italiani sono sempre più disabitati. Questo causa un invecchiamento della popolazione (sono giovani single e famiglie a partire), perché tanti si spostano all’estero. E anche quando rimangono in Italia, tra qualche anno saremo probabilmente circondati da paesi fantasma, mentre nelle città medie e nelle metropoli non c’è spazio per la gente che vuole abitarci.

Due anziani su una panchina.
Foto di M. Bennett, via Unsplash

I danni non si limitano a questo. Vi è una progressiva perdita delle tradizioni, tramandate oralmente di persona in persona; e vi è anche una perdita del senso delle origini. Ancora, aumenta il rischio di dissesto idrogeologico, specialmente nelle zone montane.  Eppure è fondamentale contrastare lo spopolamento, per garantire la conservazione del patrimonio culturale dei piccoli centri (16% del totale nazionale), per tutelare la produzione agricola ed enogastronomica. Non solo, sarebbe anche conveniente, perché si possono trasformare certi luoghi in fruttuose opportunità turistiche.

Restanza: il coraggio di chi resta

Una volta c’era il sacrificio dell’emigrante e adesso c’è il sacrificio di chi resta. Una novità rispetto al passato, perché una volta si partiva per necessità ma c’era anche una tendenza a fuggire da un ambiente considerato ostile, chiuso, senza opportunità. Oggi i giovani sentono che possano esserci opportunità nuove, altri modelli e stili di vita, e che questi luoghi possono essere vivibili .

E’ finito il mito dell’altrove come paradiso. L’etica della restanza è vista anche come una scommessa, una disponibilità a mettersi in gioco e ad accogliere chi viene da fuori. Noi adesso viviamo in maniera rovesciata la situazione dei nostri padri e dei nostri nonni. Un tempo partivamo noi, oggi siamo noi che dobbiamo accogliere. (Vito Teti)

La restanza, nell’interpretazione di Teti, ha una dimensione duplice. La prima è la scelta di restare in sè, assistere all’abbandono dei proprio luoghi da parte degli altri, il coraggio di cercare o creare nuove opportunità. E la seconda dimensione è quella dell’accoglienza: infatti chi resta si ritrova spesso a vedere altri arrivare, emigranti come lo erano le generazioni prima di noi e lo sono altri ancora oggi. Quindi non necessariamente bisogna vivere l’erranza e la restanza come opposti, ma in realtà l’uno presuppone l’altro e viceversa.

Chi resta non è passivo o rassegnato, anzi. Fa un atto di volontà motivato dal bisogno di cambiamento e rinnovamento della comunità locale. Compie un presidio attivo dei territori e cura di essi, una rinascita. Perché decidere di rimanere, oggi, significa dare un nuovo senso e una nuova vita ai proprio luoghi. E riguarda soprattutto i giovani, i principali protagonisti di questo fenomeno. Restare è una testimonianza del senso di appartenenza alla propria terra, che porta a voler renderla bellissima.

Lo staff di IT.A.CA 2019, il tema è la restanza. Foto via festivalitaca.net
Lo staff di IT.A.CA 2019, il tema è la restanza. Foto via festivalitaca.net

Riabitare i borghi: esempi di successo

FAVARA FARM CULTURAL PARK

Nel 2010, Andrea Bartoli e sua moglie Florinda hanno deciso di preferire la piccola cittadina di Favara (Agrigento) a Parigi, e renderla “un piccolo pezzo di mondo migliore di quello che hanno ricevuto”. Così, quello che era un decadente complesso di edifici, prossimo alla demolizione – i Sette Cortili, è diventato uno spazio culturale, polo di riferimento internazionale per l’arte contemporanea. Il Parco vanta oltre 120 mila visitatori all’anno, una scuola di architettura per bambini, due partecipazioni alla Biennale di Venezia e quasi due mila metri quadri di area urbana riqualificata. Ancora, 150 posti di lavoro creati, oltre 160 eventi culturali, 20 milioni di euro investiti, anche col contributo dell’UE. Il motore di questa scommessa è stata la fiducia e la volontà di riscatto di un luogo, passato da essere quello da cui scappare alla destinazione di giovani talenti.

Favara Farm Cultural Park, prima e dopo
Favara Farm Cultural Park, prima e dopo

IL PAESE DI RIACE

Recentemente sotto i riflettori per l’indagine a carico del suo Sindaco, Domenico Lucano, proprio per l’esempio di accoglienza e lotta allo spopolamento dilagante. Il piccolo comune calabrese di due mila abitanti era soggetto ad abbandono dal dopoguerra. Dal 1998 ha cominciato ad accogliere migranti sbarcati sulle coste vicine e a ospitarli nelle case abbandonate. Oggi conta circa 700 ospiti stranieri. Dal 2004, il sindaco Lucano, le associazioni e la comunità locale promuovono l’integrazione e le loro iniziative hanno anche avuto importanti ricadute economiche. L’artigianato è rifiorito, scuole sono state riaperte, sono stati creati posti di lavoro per la necessità di insegnanti e interpreti, il turismo è aumentato. Inoltre, la cooperazione di tutti questi attori ha permesso di sottrarre alcune attività alla ‘ndrangheta, piaga della zona, come la raccolta dei rifiuti.

Il paese di Riace, esempio di restanza e turismo responsabile
Il paese di Riace. Foto via Wikipedia

ADDIOPIZZO ONLUS

Nata nel 2004 a Palermo, è un esempio di restanza come atto politico. È un movimento creato da studenti per promuovere un’economia virtuosa e aiutare gli esercizi commerciali vittime del giogo della mafia. Nel 2009 poi, questi ragazzi hanno creato la cooperativa Addiopizzo Travel, che propone turismo etico a chi dice no alla mafia. Organizza viaggi e attività turistiche alla scoperta della storia e dei luoghi simbolo della lotta alla criminalità organizzata locale. Offre la possibilità di conoscere la Sicilia più genuina e autentica, al di là degli stereotipi. Le persone che lottano per il cambiamento e per ridare dignità ad una terra ricca e meravigliosa.

IT.A.CÀ, migranti e viaggiatori festival del Turismo Responsabile

IT.A.CÀ migranti e viaggiatori, da 11 anni esiste per promuovere il turismo responsabile da nord a sud Italia. Il tema della restanza è inteso come potenziamento del senso del viaggiare, come il dialogo perenne tra chi parte e chi resta, nell’ottica dell’integrazione di vite separate, della riconciliazione, dello scambio generazionale e culturale. Il festival partirà da Bologna, dal 24 al 31 maggio, per poi spostarsi sull’Appennino bolognese i due weekend successivi e oltre nella penisola. IT.A.CÀ è un grande laboratorio sperimentale per conoscere casi di successo di sviluppo sostenibile e per progettarne di nuovi. Vuole raggiungere una vasta rete di piccole comunità locali per incoraggiarle ad essere intraprendenti e credere che il cambiamento parte dal proprio piccolo mondo.

L’etica della restanza è un concetto forse troppo poco valorizzato. Si parla così spesso dei giovani che vanno via, ma così raramente di quelli che non lo fanno. Serve coraggio per accettare che la propria terra non offre possibilità di futuro e lasciarla. Ma serve altrettanto coraggio – diciamo pure fegato – per decidere di restare – o tornare – nonostante tutto, e provare a cambiare le cose, quando il sistema non aiuta. E serve soprattutto apertura mentale da entrambe le parti per capire che chi ci troviamo di fronte ha fatto appunto un atto di coraggio. Ha lasciato la sua terra, è stato difficile e adesso è nella nostra perché spera in un futuro migliore; oppure è ora in questo luogo proprio perché ha deciso di non partire, e vuole costruire quel futuro migliore nella propria casa, per chi ci è nato o ci arriva.

Allora restanza è dialogo, convivialità, rigenerazione. È scelta consapevole di custodire un luogo, delle comunità locali di essere leader del cambiamento propositivo e sostenibile. Conoscete esempi di successo di rinnovamento locale nelle vostre zone? Raccontateceli nei commenti, e non perdetevi IT.A.CÀ 2019!

IT.A.Cà Festival del Turismo Responsabile: nel 2019 il tema è la restanza

Restanza, tema del Festival ITACA' 2019

Immagine di copertina di Noemi Usai.