Un trekking indimenticabile nel Parco Naturale dello Stelvio, in treno e a piedi, alla scoperta della bellezza primordiale della Val di Rabbi (Trentino Alto Adige). Pronti per partire?

Spettacolo in crescendo alle porte di Trento

Alla stazione di Malè, nel cuore della Val di Sole, quasi mi dispiace scendere, tanto mi ero abituato allo spettacolo che da un paio di ore scorreva fuori dal finestrino.

Il primo atto inizia poco fuori Trento, quando, abbandonata l’ampia valle dell’Adige, il treno scarta improvvisamente a sinistra, quasi fiutando una traccia, e segue fedelmente il torrente Noce.

Dopo Mezzolombardo la valle improvvisamente si chiude, ma solo per preparare l’atto successivo, il passaggio lungo l’ampia Val di Non, oltre la quale una nuova stretta già anticipa il crescendo successivo.

La Val di Sole sa già di alta montagna, di rocce verticali, boschi fitti e lunghi inverni, ma non ho tempo di esplorarla questa volta, perché a Malè devo scendere dal treno per fare la conoscenza con la terra di Rabbi.

Malga Palù, 2088 metri sul livello del mare, Val di Rabbi, Parco Naturale dello Stelvio.
Malga Palù, 2088 metri sul livello del mare, Val di Rabbi, foto via wikipedia

Un ambiente primordiale che si rivela un po’ alla volta

La Val di Rabbi non si svela tutta in una volta, non ubriaca di bellezza come altre celebri valli alpine, che sin dal primo chilometro già sono maestose e si offrono gentilmente per uno scatto anche a chi non ha voglia di camminare.

La Val di Rabbi rivela la sua bellezza genuina e primordiale solo a chi ha la pazienza di salire i suoi gradini verso il cielo.

Il fondovalle mi scivola via veloce, perché fremo per esplorare una delle aree più incontaminate del Parco Nazionale dello Stelvio, uno dei 5 Parchi nazionali storici, un colosso di 1300 Kmq nel cuore dell’arco alpino.

Ampie valli sospese, testimoni di antiche e poderose erosioni glaciali, alternano ripide salite, spesso tagliate nella roccia, ad ampi pianori, dove ogni volta i metri guadagnati rivelano un ambiente naturale nuovo.

Boschi di abete diventano contorti larici millenari, poi arbusti di ontano flessibili alle slavine, poi praterie punteggiate di torbiere fiorite, quindi pietraie coperte di licheni e roccia nuda, verticale, lassù sotto le cime.

Val di Rabbi, Parco Naturale dello Stelvio
Val di Rabbi, foto via wikipedia

L’atto finale: un buon motivo per rimanere in alto

Perché mi sono arrampicato fin quassù?

Nessuna celebre cima qui intorno, nessun comodo accesso ai vicini ghiacciai di Ortles e Cevedale, questo è un posto per chi ama la natura incontaminata e il silenzio.

Il meglio, infatti, come spesso accade in montagna, arriva quando la fatica si fa sentire, la brama di salire è già soddisfatta e la mente è pronta ad accogliere la bellezza.

Quassù c’è un mondo da esplorare con calma, da percorrere assaporando ogni metro, perché capace di rivelare un mosaico di meraviglia invisibile dal basso.

Quassù ci sono i Laghetti Sternai e il sentiero che li unisce come perle di una collana, quassù c’è la vista sul ghiacciaio Careser che si gode dalla Bocca di Saent, quassù c’è la valle del Campisol, un ancestrale angolo di paradiso.

Quassù, in alto nella valle, vale la pena aspettare la sera e prendersi un altro giorno per godere della montagna al naturale.

Spettacolare Cascata di Saent con arcobaleno, Val di Rabbi, Parco Nazionale dello Stelvio
Cascata di Saent, Val di Rabbi, foto via wikipedia

Il mio itinerario preferito nel Parco Naturale dello Stelvio

Primo giorno. Da Trento si sale sul treno diretto alla Val di Non e alla Val di Sole. In un paio di ore si raggiunge Malè, dove un autobus risale tutta la Val di Rabbi fino al parcheggio del Coler. Da qui si inizia a salire a piedi seguendo le indicazioni per il Rifugio Dorigoni. L’itinerario offre innumerevoli occasioni di sosta per ammirare il paesaggio e i monumenti naturali delle Cascate di Saent e dei Larici millenari. Nel pomeriggio si raggiunge il Rifugio Dorigoni, base per le successive esplorazioni.

Secondo giorno. L’alta valle di Saent è un luogo che vale un’esplorazione giornaliera. Al mattino si può salire fino alla Bocca di Saent per ammirare la spianata del ghiacciaio Careser e le vicine cime del gruppo del Cevedale. Si ritorna al rifugio e al pomeriggio si esplora l’altro versante della valle lungo il facile sentiero dei Laghetti di Sternai. C’è solo l’imbarazzo della scelta per scovare l’angolo più suggestivo e panoramico.

Terzo giorno. Si raggiunge il Giogo Nero e si accede alla Val d’Ultimo. Dal passo si può salire ulteriormente alla panoramica cima di Collecchio, oppure scendere in direzione del lago Fontana Bianca e quindi al villaggio di Santa Gertrude. Con l’autobus si scende a Lana, in Val Venosta, e quindi con il treno di nuovo a Trento.

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