Stiamo distruggendo le nostre coste. Ogni anno 8 chilometri di litorali vengono trasformati da case e palazzi. E così, abbiamo perso il 51% delle coste della penisola. Sono questi i numeri spaventosi dell’ultimo rapporto redatto da LegambienteAmbiente Italia 2016“.

Il cemento sta distruggendo le nostre coste

Sono 3.291 i chilometri di litorali occupati da porti, industrie, palazzi e infrastrutture. La Sardegna è la più virtuosa, mentre la Sicilia detiene il triste primato di urbanizzazione delle coste, con 65 km di coste devastate. Quei paesaggi naturali così affascinati che rappresentavano un vero patrimonio italiano stanno svanendo, e se le politiche non si adegurannno la situazione può solo peggiorare.

L’habitat marino è messo alla dura prova dall’inquinamento, con il 25% degli scarichi non depurati, più di 15000 agglomerati che non rispettano le direttive europee e rifiuti di plastica che continuano a invadere spiagge e fondali.

Grazie al rapporto di Legambiente, dove 16 esperti hanno contribuito a fotografare la situazione delle coste italiane, scopriamo che i fenomeni erosivi sono attualmente in espansione. A fronte dei cambiamenti climatici, questa erosione può solo peggiorare e le coste diventare ancora più fragili. E se nulla cambia, assisteremo a drammatici eventi che metteranno i pericolo le nostre case e le nostre vite.

E’ davvero preoccupante come dal 1988 ad oggi, malgrado la legge Galasso che dovrebbe tutelare le aree entro i 300 metri dalle coste, sono stati trasformati dal cemento ulteriori 220 chilometri di litorale, con una media di 8 km all’anno, cioè 25 metri al giorno.

Dobbiamo arrestare questa cementificazione selvaggia e cambiare paradigma: dall’economia del cemento a quella della natura, della bellezza e del paesaggi che il nostro paese può offrire, è ora di puntare sul turismo sostenibile!

 

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Autore: Chiara Marras

Sono Chiara, 30 anni, una laurea in tasca e tanti progetti in mente. Credo fortemente nel web come punto di scambio e divulgazione e penso che uno dei temi più urgenti in questo momento sia l'eco-sostenibilità. Perché allora non riscoprire il viaggio come unione con la natura e con la cultura locale?
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