Un percorso che unisce storia e natura, guerra e pace?
L’Associazione Da Ponte a Ponte è riuscita a farlo e non una storia qualsiasi: la storia della Prima Guerra Mondiale (1914-18), la Grande Guerra per il numero di morti che riuscì a fare e per la devastazione che portò in Europa.
La storia della Grande Guerra è anche la storia di un fiume; qualcuno ha detto “del primo fiume transgender della storia” a dire il vero. Questo fiume è il Piave, o meglio, la Piave.
Da Ponte a Ponte ha creato un percorso che, seguendo il corso del fiume, porta a scovare angoli di natura, radure, boschi, greti sassosi e luoghi in cui cent’anni fa si scrisse un pezzo della nostra storia.
Acqua, scarpe buone e via per trenta chilometri
Sono tutti da fare? Non spaventatevi, potete decidere se percorrere tutti i 30 chilometri o scegliere solo alcuni punti. Il percorso Da Ponte a Ponte è costellato di luoghi interessanti e ricchi di storia e non rischierete di perdervi i punti più significativi se non li percorrerete tutti, quei trenta chilometri.
Definite il vostro percorso, chiedete ai ragazzi dell’associazione cosa vi consigliano in base a quello che vi piace e al vostro livello di allenamento e preparatevi per scoprire un angolo poco noto dell’Italia.
Il Piave mormorò e cambiò…genere
Iniziate il percorso, ad esempio, a Passo Barca di Falzè: lì ai tempi si passava dalla riva sinistra a quella destra del Piave.
Oggi c’è una striscia di verde curato e si può accedere al greto sassoso del fiume. Se ci andate in primavera o in estate troverete famiglie con bimbi, ragazzi, qualche appassionato di canoa e kayak, padroni che portano il fido compagno a quattro zampe a fare una passeggiata. Insomma è il parco della zona, luogo di relax e di grida divertite.
Ieri è stato il punto in cui austriaci e italiani si sono osservati, spiati, odiati e sparati.
Lì l’esercito italiano, dopo la disfatta di Caporetto del 1917, si attestò e nel 1918, dopo una prima fase di penetrazione dell’esercito austriaco anche lungo la riva destra oltre la linea del Piave, l’esercito riuscì a respingere il nemico.
In quei giorni il Piave era ancora la Piave. Qualcuno ricorda che la nonna e il nonno dicevano “Andiamo alla Piaf” in dialetto locale. Come si è passati a “Il Piave mormorò”?
Raccontano che la forte impronta “maschile” del Duce e di alcuni cantori delle nuove energie dell’Italia moderna hanno cambiato il “genere” al fiume: poteva essere che fosse un fiume-donna a fermare l’avanzata del nemico? No, doveva essere uomo. E così si passò dalla Piave al Piave.
Oggi i ragazzi di Da Ponte a Ponte ci tengono a parlare della Piave: suona strano, ma la Piave è soprattutto vita oggi. Sulle sue rive ci sono aree verdi di quieta bellezza che rigenerano.
L’Abbazia di Santa Bona e la sua terrazza sulla Piave
A 10 minuti in auto da Passo Barca, seguendo le indicazioni per Vidor, c’è l’Abbazia di Santa Bona di origine benedettina. Pare addirittura che l’abbiano fondata gli stessi monaci benedettini dell’Abbazia di Pomposa (Ferrara) nel XII secolo.
L’Abbazia è stata ricostruita interamente a spese della Contessa Alfonsa Miniscalchi e della figlia Margherita dopo la Prima Guerra Mondiale, poiché era stata distrutta.
Oggi appare sobria, severa, quasi povera: spazio ampio e archi gotici, silenzio, qualche raro resto di affresco sulle pareti, quel poco che ferro e fuoco hanno risparmiato. Il chiostro accanto ha un pozzo molto grande, segno che ai tempo la comunità di frati era numerosa.
L’aria è profumata di polline perché l’Abbazia è all’interno del parco in cui c’è anche la villa padronale e sia nel chiostro che lungo i muri esterni rose variopinte rallegrano la vista.
Eppure qui si sono uccisi.
C’è una grande terrazza da cui si ammira il verde e lento Piave, ops! la Piave.
I ciotoli sono lisci e tondeggianti, di un bianco abbacinante.
Nessuna traccia di quello che è passato.
Fontane Bianche: aironi e volpi lungo la Piave
Un poco sopra al punto in cui il fiume Soligo entra nella Piave c’è l’ Oasi di Fontane Bianche, voluta e curata dalla Lega Ambiente.
Il nome deriva dal fatto che le acque di questa area non derivano dalla Piave ma da alcune sorgive sotterranee; l’acqua di queste sorgive scorre limpida, mentre quella della Piave è più limacciosa.
Ma non solo, l’acqua di sorgiva mantiene una temperatura di circa 10°C anche in inverno e spesso si assiste, qua attorno, al fenomeno delle rifioriture.
Tra i fiori anche l’Iris Sibirica, rara ovunque, e i Lilium.
Ma qui, ci sono anche il picchio, il martin pescatore, i gufi, in stagione gli aironi e le volpi, tanto che un‘area che scorre più vicina alla Piave è chiamata, appunto, Passo Volpere.
Oggi è un paradiso per chi vuole fare due passi nel verde, ma anche qui è passata la guerra e ogni tanto affiorano proiettili e altri residuati minori.
Oggi la Piave è un fiume tranquillo, minaccia di superare gli argini raramente, solo due volte l’anno in periodi di piena.
Qualcuno pensa di risolvere le piene costruendo una diga.
Ma i danni dell’azione sono maggiori del risultato, sostengono molti.
Altra battaglia pare aspettare il fiume e speriamo sia meno cruenta di quella di cent’anni fa e soprattutto più utile.
Dove dormire: fermatevi a Hotel San Giacomo.
Giamiaca e Sara sapranno darvi tutte le indicazioni non solo per raggiungere Vidor, ma anche per visitare gli altri luoghi più interessanti dell’area e soprattutto dove fermarsi per gustare le delizie DOP.
Quali itinerari scegliere: ci sono 4 diversi itinerari, mappati sul sito dell’Associazione Da Ponte a Ponte: da qui potrete anche scaricare la mappa in pdf o il percorso in gps.
Foto di copertina: Parco del Piave Bigolino, foto di Guido Andolfato, via flickr