Nella città in cui sono nata c'è un molo lungo il quale i pedoni possono passeggiare. Lì puoi incontrare un po' di tutto. Ci sono i pescatori, pazienti, armati di canna ed esche.
Puoi trovare anche i giovani innamorati, che si scambiano le prime effusioni quando il crepuscolo inesorabilmente avanza. E i vecchi, che ancora si abbracciano, che si stringono forte per non rischiare di restare soli. Sì, per alcuni non è molto. Eppure è casa.
Lì, ti dicevo, lì sul molo, proprio alla fine, dove c'è il grande faro rosso, si può vedere il vecchio muraglione che delimita l'ingresso delle navi al porto. Credi di vedere figure intente a prendere l'ultimo sole o a giocare a fare gli equilibristi sugli scogli bianchi. Ti accorgi che sono immobili, fermati nel tempo per viaggiare al di là di esso. Sono statue di Maggini, forse non lo conosci, ma è un mio concittadino. Ed è pure bravo.
Sul grande muro di fronte a te troverai la ragione per cui il mio partire è sempre un tornare a casa, qui, nella mia bella e decaduta città. È una frase di Tobino, psichiatra e scrittore. La scritta è candida come l'accorato auspicio che manifesta:
Viareggio in te son nato in te spero morire
Ed io cosa stavo facendo?
Vinta dalla struggente nostalgia del mio mare, avevo preso il primo treno pronta a tornare a casa, a respirare l'aria limpida sotto il cielo più azzurro che avessi mai visto.
Eppure, ogni volta, la stessa sensazione: l'etere leggero, il cielo meno limpido.
Non c'era mai una nuvola fuori me. Le nuvole, è vero, erano in me.
Credevo che il cielo fosse cambiato, ma ero io quella diversa.
Dopo ogni viaggio portavo con me un po' d'oriente, un po' d'occidente; qualcosina del nord e qualcosina del sud.
Eppure qui c'è tutto, sai?
Guarda questo mare, aperto e sconfinato.
E quelle dolci colline, seguite a gran passi dalle aguzze montagne, con le loro cime spolverate di zucchero a velo.
Talvolta nevica anche da noi... Non puoi immaginare lo spettacolo della spiaggia innevata! Sembra un racconto fantastico, anche se noi, a dir la verità, un po' ci arrabbiamo: siamo gente di mare, abituata a prendere e a lasciare, cosa ne sappiamo di catene, di spazzaneve e di sale contro il ghiaccio?
Quando d'estate i turisti si accalcano sul mare, io fuggo lontano. Non è il mio mare quello di agosto. La passeggiata e i suoi negozi si riempono di curiosi stranieri, sicuramente in cerca di qualche buon affare prima della serata nei locali della darsena o, appena poco più a nord sulla costa, in uno dei locali in della Versilia.
Io, invece, aspetto ottobre, la spiaggia sgombra e deserta. E lì mi siedo, sulla riva del mare, con un taccuino nero tra le mani, intenta ad annotare pensieri ed emozioni che ogni volta questo panorama mi offre senza chiedermi niente in cambio.
Ti diranno che febbraio è il mese del Carnevale, delle baldorie e della bisboccia. Per un mese l'anno i viareggini impazziscono, urlando al mondo la vita. È lo spettacolo della vita.
Se sei in cerca di te stesso, ammira il silenzio impetuoso del mare d'inverno, bagnati della pioggia che ogni tanto scende dal cielo. Ascoltala, ascoltati e vivi.
Di cosa stavo parlando, prima di perdermi nel mare d'inverno e nel suo fascino?
Certo, del suo cielo.
Di questo cielo che ogni volta sfuma diversamente.
Eppure dicono che sia sempre lo stesso.
Sono io che sono sempre diversa.
Autore: Serena Barsottelli
Premio letterario Racconta la tua città
Immagine di copertina: Giuseppe Moscato via Flickr