Oggi tutto è sempre più interconnesso: le nostre scelte quotidiane hanno effetti che si ripercuotono dall’altra parte del mondo.

Anche prenotare una vacanza può avere conseguenze importanti. Utilizzando piattaforme che offrono alloggi in territori occupati illegalmente, come la Cisgiordania o Gerusalemme Est, si finisce per sostenere indirettamente la guerra e l’occupazione della Palestina. Lo avreste mai immaginato?

Se la risposta è no, è il momento di ripensare le vostre prenotazioni e considerare alternative più etiche e responsabili ai grandi colossi del turismo.

Turismo globale in crescita: a che prezzo?

Il turismo globale è un settore in continua espansione: nel 2024 si sono registrati 1,4 miliardi di viaggi, con ricavi per 1,9 trilioni di dollari (dati UNWTO). Alcune aree, come Nord Africa e America Centrale, hanno visto crescite record rispetto al periodo pre-pandemico. Ma dietro questa crescita economica si nasconde un prezzo umano e sociale che molte destinazioni pagano.

turismo internazionale in crescita
Crescita del turismo, via Our World in Data

La domanda che dobbiamo porci è semplice: le nostre vacanze stanno alimentando ingiustizie o contribuendo a un mondo più giusto?

Airbnb: dalla sharing economy al business negli insediamenti

Secondo studi di Wachsmuth e Weisler (2018), la trasformazione degli affitti degli immobili da lungo termine a breve termine, causata da Airbnb, ha fatto aumentare i prezzi e concentrare i profitti nelle mani di pochi multi-host. Questo ha favorito la turistificazione, l’overtourism e ha incentivato l’abbandono dei centri storici da parte dei residenti.

graffiti a Barcellona
Graffiti su un muro di Barcellona, foto via Canva PRO

A questi problemi economici si aggiunge il nodo più controverso: la presenza di annunci in aree sotto occupazione militare o controllo illegale. Un’inchiesta del Guardian (febbraio 2025) ha rilevato 321 annunci su Airbnb negli insediamenti israeliani in Cisgiordania e Gerusalemme Est. Questi alloggi sorgono su terre confiscate ai palestinesi e sono accessibili quasi esclusivamente ai coloni israeliani o ai turisti stranieri.

Nonostante le promesse di rimuovere gli annunci nel 2018 e di devolvere i profitti a ONG internazionali dal 2019, Airbnb continua a elencare proprietà negli insediamenti, normalizzando un contesto che ONG come Amnesty International e Human Rights Watch definiscono apertamente apartheid e discriminatorie.

Vista di un piccolo villaggio e della barriera israeliana in Cisgiordania
Vista di un piccolo villaggio e della barriera israeliana in Cisgiordania. Foto via Canva

Booking.com: profitti sporchi e riciclaggio

Anche Booking.com è finita sotto accusa. Secondo il centro di ricerca indipendente SOMO, il colosso olandese delle prenotazioni online continua a pubblicizzare alloggi negli insediamenti israeliani illegali in Cisgiordania e Gerusalemme Est, territori sottratti ai palestinesi in violazione del diritto internazionale. SOMO evidenzia come la piattaforma trae guadagni da queste prenotazioni che, una volta trasferiti nel sistema finanziario olandese, configurerebbero un vero e proprio caso di riciclaggio di denaro.

Nonostante l’inserimento nella “lista nera” del Consiglio per i diritti umani dell’ONU e le denunce delle ONG, Booking non ha interrotto le attività negli insediamenti, sostenendo che la rimozione degli annunci sarebbe possibile solo se vietata dalla legge nazionale.

Le indagini citate da SOMO hanno censito un aumento costante degli annunci: dalle 51 unità tra il 2021 e il 2022, si è passati a 70 strutture nel 2023, di cui 57 in Cisgiordania. I ricavi illeciti stimati ammontano a oltre un milione di euro, finanziando indirettamente un sistema di segregazione e discriminazione denunciato come apartheid da più organizzazioni internazionali.

Wadi Foukin
Wadi Foukin, photo via Wikimedia

Tra i casi simbolo c’è Wadi Foukin, villaggio palestinese accerchiato dagli insediamenti, dove la pubblicazione di annunci su Booking.com contribuisce all’espansione delle colonie e alla segregazione dei residenti locali, espropriati della propria terra e dei mezzi di sostentamento.

Turismo Etico: scegliere come prenotare fa la differenza

Non solo Airbnb e Booking.com: anche altri portali come Expedia e Tripadvisor sono stati segnalati da organizzazioni per il rispetto dei diritti umani per pubblicare alloggi in insediamenti costruiti in violazione del diritto internazionale.

Non può definirsi turismo etico quello praticato sulla pelle dei palestinesi, a vantaggio di colonie illegali dove la violenza dei coloni resta impunita e le risorse vengono sistematicamente sottratte” – ha ricordato il movimento BDS Italia su L’Indipendente,

Le alternative esistono: sono piattaforme dedicate al turismo etico e sostenibile, che rispettano i diritti umani, valorizzano le comunità locali e garantiscono esperienze rispettose dell’ambiente e dei luoghi.

turismo etico e sostenibile
foto via Canva PRO

Come fare, allora, per viaggiare in modo etico?

  1. Evitare piattaforme che pubblicizzano alloggi in territori contesi e boicottare le aziende complici del genocidio.
  2. Sostenere alternative etiche e sostenibili, che promuovono comunità locali e rispetto dei diritti umani.
  3. Preferire strutture che dichiarano pratiche trasparenti, eque e rispettose.
  4. Partecipare a iniziative collettive come SPLAI – Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana che invita tutti gli spazi a dichiararsi liberi da ogni forma di discriminazione.

Il turismo come responsabilità

Il turismo come scelta di pace, giustizia e solidarietà
foto via Canva PRO

Ogni viaggio è anche una scelta politica. Ogni prenotazione, ogni alloggio selezionato può rafforzare ingiustizie o contribuire alla costruzione di un futuro più equo.

Fare turismo responsabile ed etico significa anche:

  • rispettare il diritto internazionale,
  • sostenere le comunità locali,
  • promuovere la pace e i diritti umani.

In un mondo dove tutto è connesso, anche una vacanza può diventare un atto di giustizia, solidarietà e libertà.