Corsica del sud, in mezzo alle bocche di Bonifacio. Nella selvaggia e volubile isola francese, con i suoi odori di timo e i suoi colori saturi, si svela l’isola di Lavezzi. Il punto più meridionale della Francia metropolitana che guarda in faccia anche la Sardegna del Nord.

Raggiungo Lavezzi dal porto di Bonifacio. Sono molte le compagnie di battelli che propongono vari tour verso l’isola. E’ agosto, il sole scotta in questa mattina brillante e i turisti di varie nazionalità popolano la cittadella francese. Mi imbarco, e in circa mezz’ora di traversata, da dove posso ammirare le bellissime falesie a picco sul mare, giungo alla meta.

Appena scesa una guida ci raccomanda brevemente di non salire sulle rocce, non sporcare, non raccogliere sabbia, pietre o altro, di rispettare il territorio e di seguire i sentieri segnalati. Il piccolo arcipelago ha infatti uno straordinario valore naturalistico e rientra a far parte della Réserve naturelle des Bouches de Bonifacio. Inizia la mia l’esplorazione.

Lavezzi: l’isola che non ti aspetti

Prima mi fermo, resto immobile qualche minuto a osservare. “La Lavezzi”, così denominata, può sembrare di primo acchito ostile, ma non la è. E’ solo e assolutamente surreale. Il paesaggio si presenta lunare, il sole ha bruciato la natura fino a qualche mese prima rigogliosa. I sentieri si snodano in piccoli promontori collinari. Nel suo intorno si aprono molte calette tutte diverse ma ugualmente suggestive, circondate da un mare che esplode in una miriade di colori pazzeschi. Ha tutte le sfumature del blu e un’ampia gamma di tonalità di verde. Ci sono dei punti in cui i pesci sono quasi a riva. Grossi e colorati, nuotano pacifici e coraggiosi insieme ai natanti.

Mare a Lavezzi. Photo by Cecilia Vecchi

La Lavezzi è deserta, non ci sono costruzioni umane, nessun servizio di ristoro, tutto è incontaminato. Le uniche costruzioni rimaste sono il faro, costruito nella seconda metà dell’Ottocento e due piccoli cimiteri monumentali. Eretti in memoria al tragico naufragio dove morirono ottocento persone.
Mi immagino questa piccola terra in inverno o in notturna, quando non è accessibile al pubblico. (Gli ultimi traghetti lasciano l’isola alle 18:30). Deve essere uno spettacolo unico: una realtà silenziosa, mistica e fatiscente.

Isola Lavezzi. Photo by Cecilia Vecchi
Isola Lavezzi. Foto Cecilia Vecchi

Tra una caletta selvaggia e un’altra, gli innumerevoli e fantastici bagni e dopo aver percorso tutti i sentieri percorribili, la giornata giunge a termine.

Ritorno verso Bonifacio

Mi avvio verso la terra ferma. Il tragitto in traghetto si allunga deviando alla vicina Isola di Cavallo. E’ una terra abitata da lussuose abitazioni di proprietà privata e quindi vietata allo sbarco pubblico. Il mare inizia a dondolare, la nostra imbarcazione rimbalza sulle onde bagnandoci facilmente. Proseguiamo nella suggestiva grotta di alcune altre spiagge minori. Dopo quasi un’ora di navigazione mi trovo in faccia, da una spettacolare angolatura, la frastagliata e singolare parete rocciosa su cui erge Bonifacio.

Dall'imbarcazione verso Lavezzi. Photo by Cecilia Vecchi

E’ il mio punto di arrivo, ed è nel suo porto che mi aspetta un tramonto di fuoco. Un ultimo saluto al mare, che scivola scuro, come tranquillizzato, dopo una giornata movimentata.

Niente è scontato in questa terra di storie. Mi porto a casa come in un album fotografico impresso nella mente, le immagini chiare della Lavezzi. Una natura selvaggia, un mare cristallino e multicolorato, in un paesaggio mozzafiato. Chiudo gli occhi e fisso tutto.
Grazie Corsica.

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Autore: Cecilia Vecchi

Mi chiamo Cecilia, sono laureata in Lettere e Filosofia e mi occupo di comunicazione. Da sempre amo il viaggio perché partire è la più bella e coraggiosa di tutte le azioni, odora di libertà. Viaggiare vuol dire conoscere e scoprire, vedere nuovi posti per tornare con nuovi occhi. Anche scrivere è viaggiare: un'evasione senza l'ansia degli orari e il disturbo dei bagagli! Vorrei avere le ali e fare del viaggio il mio mestiere.
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