Quel giorno di giugno del 1968 a San Sperate non sarebbe stato un giorno come tutti gli altri. Laggiù, in un povero villaggio ad una ventina di chilometri da Cagliari, dove nessuna bellezza architettonica e nessuna spiaggia paradisiaca si offrivano al viaggiatore, si sarebbe compiuta la rivoluzione. Una rivoluzione che avrebbe trasformato quel paesino sconosciuto, fatto di case di fango, da borgo anonimo dell’entroterra del Campidano a meta culturale visitata da artisti provenienti da tutto il mondo. Nel 1968, anno di movimenti studenteschi e cambiamenti sociali, il vento della novità sarebbe passato anche per San Sperate, per soffiare deciso sui volti dei suoi abitanti, volti bruciati dal sole ed educati al richiamo mattutino della campagna.

Alla fine della primavera, la festa del Corpus Domini si sarebbe dovuta svolgere come sempre, con balconi e finestre addobbati di lenzuola bianche, lungo il percorso della processione religiosa. Ma la vista della popolazione incredula, che devotamente seguiva la cerimonia, si aprì ad un bianco diverso, quello della calce, con la quale erano stati dipinti i muri di fango delle strette strade di San Sperate. Un bianco amplificato dal sole quasi estivo, un bianco potente, accecante. E lo stupore e la meraviglia della sorpresa, cedettero il passo all’approvazione per quei mattoni crudi dipinti e addobbati a festa con le frasche portate dai ragazzi del paese. 

Un giovane artista locale, Pinuccio Sciola, tornato da un soggiorno in Spagna e Francia, con l’aiuto di alcuni amici realizzarono quell’idea, e presto fu chiaro che i muri dipinti di bianco erano terreno fertile su cui poteva concimare la creatività. Così si cominciò a ricoprire la calce, che a sua volta aveva sepolto il fango sotto di sé, di nuove forme e nuove linee: prendevano vita i primi murales, capostipiti di una generazione di colori che continua ancora oggi a quarant’anni di distanza. Un fermento artistico che non si è fermato ai dipinti sui muri, ma ha inondato San Sperate di decine di sculture, installazioni, e performance artistiche di ogni tipo. Il tutto sempre capitanato, ancora oggi, dallo stesso Pinuccio Sciola che ne diede il via.

Chi sta narrando questa storia non ha vissuto quegli anni, ma li ha sempre immaginati, dai racconti di coloro invece che ne sono stati testimoni e protagonisti, come una rivoluzione e una favola. Una rivoluzione, perché si trattò per la comunità di quel piccolo paese sconosciuto, di un vero e proprio stravolgimento radicale. Una rivoluzione popolare, fatta non solo dagli artisti ma dalla gente comune, dai giovani che con entusiasmo parteciparono e contribuirono alla nascita del muralismo, giovani semplici e poveri, ma ricchi di entusiasmo, voglia di novità e cambiamento. Una rivoluzione, ancora, fatta senza colpi di cannone e pistola, ma le cui uniche armi erano il pennello e i colori.

Favola, perché non può apparire diversamente la storia e la trasformazione di San Sperate. Ricordo che, da bambino, la metamorfosi del bruco che diventava farfalla, mi appariva come un fatto straordinario, un avvenimento eccezionale che si poteva trovare, appunto, solo nelle favole, dove tutto è possibile. Ecco dunque, anche San Sperate da bruco è diventato farfalla, e la favola, il sogno immaginato da qualcuno, è diventato realtà.

Mi capita spesso, quando accompagno qualcuno a visitare il paese, oppure quando in bici o a piedi percorro le strette strade del centro, di pensare a quali furono le sensazioni di quelle persone che videro il paese cambiare sotto i loro occhi. La mia generazione può apprezzare oggi il risultato finale di quegli sforzi, ma credo non potrà mai essere in grado di avvertire realmente le emozioni e le passioni che hanno alimentato quel periodo irripetibile.

spiaggia di sassi e mare
Foto di trinchetto via Flickr

Negli anni San Sperate si è guadagnato l’attenzione di artisti internazionali, giornalisti, scrittori, musicisti, ed ha meritato pienamente il riconoscimento di Paese Museo col quale  è nominato ancora oggi. Un museo a cielo aperto, gratuito e a portata di tutti. Ed è proprio la scritta “San Sperate Paese Museo” che campeggia sui muri all’ingresso del villaggio. Basta forse meno di un paio d’ore per fare un giro del paese, ma è un periodo di tempo ben speso e che difficilmente si dimentica. I murales hanno la loro concentrazione più elevata nel centro storico, che un tempo, prima della recente espansione urbanistica, coincideva con il paese stesso. Rappresentazioni di vita contadina, portoni in stile campidanese, arte concettuale ed astratta, temi politici e vecchie signore che ad una certa distanza appaiono proprio persone in carne ed ossa: le storie che hanno raccontato i murales di San Sperate sono le più varie, così come gli artisti che hanno contribuito alla loro realizzazione. Ogni via del paese nasconde particolari che possono sorprendere, incantare. Ed anzi, anche le strade stesse hanno subito recentemente l’invasione del colore, abbandonando la tristezza del nero dell’asfalto per vestirsi di rosso, blu o verde.

Tappa obbligata di una passeggiata a San Sperate è il giardino-laboratorio delle sculture di Sciola. Colui che ha ideato la “rivoluzione” del paese, è rimasto coerente con l’idea della fruizione dell’arte e della cultura alla libera portata di tutti. Immerso nel profumo degli agrumi, questo giardino difficilmente lascia deluso chi ha la possibilità di visitarlo. La ricerca personale di Sciola sulla pietra, lo ha portato a liberarne la voce, il suono primordiale di cui questa materia è rimasta impressa nei millenni. Sculture sonore, che Sciola accarezza e fa vibrare, tirando fuori la memoria ancestrale impressa nelle rocce. Un suono dolce e musicale, che si contrappone alla durezza caratteristica della pietra, un effetto impossibile da descrivere ma che si può cogliere nella sua bellezza solamente ascoltandolo.

Abbiamo parlato di rivoluzione e favola dunque, e come in tutte le favole che si rispettino, il finale dovrebbe essere “e vissero tutti felici e contenti”. Naturalmente descrivere il paese di San Sperate come l’isola di Utopia o il paese idilliaco dell’Arcadia sarebbe sbagliato. Anche qui vi sono tanti problemi da affrontare: la crescente urbanizzazione, la disoccupazione giovanile e la crisi economica sono tutti ostacoli che rischiano di rovinare la favola del Paese Museo, soprattutto volgendo lo sguardo al futuro. Nonostante tutto questo però, San Sperate rimane una piccola perla da scoprire, ed essere circondati di murales, sculture ed arte, dei buoni frutti della terra e del caldo sole della Sardegna, aiuta sicuramente a vivere più felici e contenti. Per conservare tutto ciò, bisognerà lavorare e preservare quello che la generazione precedente ha lasciato a noi giovani, in quel periodo eccezionale, di rivoluzione e favola.

 

Autore: Marco Dettori

Concorso letterario "Racconta la tua città"

 

Immagine di copertina: foto di Luca Onesti - flickr

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