Fin da bambina ho sempre sofferto la mancanza di un vicinato visto che la mia abitazione si trova in una frazione del comune piuttosto campagnola, intorno solo un fiume che scorre, alberi e prati. Ma questo, pensandoci bene, mi ha anche permesso di avere il silenzio di cui non si può godere in città o nei centri e il grande spazio che circonda la casa è stato spesso teatro di compleanni festeggiati senza limiti di chiasso. L’unico rumore più forte che si può sentire qua a Fognano è il verso dei cervi a Settembre che si abbeverano sulle rive dell’Agna.
All’età di undici o dodici anni c’è stato un cambiamento sostanziale nella mia vita: con l’inizio delle scuole medie ho dovuto iniziare a prendere l’autobus per scendere dalla collina e recarmi in paese. La fermata non è molto comoda, c’è da camminare un po’, e quando l’autobus sostava per farmi salire spesso e volentieri era già pieno dei ragazzi di Tobbiana, altra frazione di Montale poco sopra, più verso la montagna.
Conosco a memoria Tobbiana e le sue curve a gomito, ho frequentato lassù tutti gli anni di scuola materna immersa nel verde e gli ultimi tre anni di scuola elementare, oltretutto la mia migliore amica a quel tempo abitava in una bella casa colonica ristrutturata dalle cui finestre si godeva di un panorama mozzafiato su tutto il resto del paese.
Una volta scesi, noi ragazzi conoscevamo tutti la scorciatoia per arrivare a scuola che passa dietro la pizzeria Barbara e che col tempo era diventata covo di fumatori in incognito. La stradina a malapena asfaltata portava davanti alla storica cartoleria della Dany sempre presa d’assalto soprattutto per il reparto “chiccheria” che aveva all’interno e che tutti, tranne le mamme, amavano molto. Subito accanto alle scuole c’è il campetto da basket. Da un buco nella rete si poteva fuggire nell’ora di ricreazione e fare due tiri a canestro, se mai qualcuno dei bidelli ti avesse beccato però sarebbero stati guai seri. Stessa cosa per le scale antincendio: erano le più prese di mira da coppiette e falsi spacciatori che ti vendevano l’erba del giardino tritata.
Risale sempre a quel periodo un buffo episodio che ho vissuto in compagnia di un’amica un po’ pazza. Avevamo bisogno di un libro e decidemmo di recarci a Montale per prenderlo in prestito, ma tutti sanno che prima la biblioteca si trovava nascosta in zona Ippolito Nievo, vicino all’estetista Vanity, in mezzo alle case popolari con appartamenti tutti uguali di mattoni rossi e persiane bianche e non ha sempre avuto come location la bellissima Villa Smilea (facilmente riconoscibile perché sembra un castello medioevale). Quel giorno, io e la mia compagna di viaggio, scendemmo dall’autobus in piazza di sopra, attraversammo lo spartitraffico mentre tutti i semafori erano rossi, passammo davanti al supermercato Votino e girando a destra entrammo nella gelateria Hula Hoop. A quel tempo non era ancora arredata in stile americano e non proponeva gli yogurt nel suo menù, ma le crepes alla Nutella sono sempre state una specialità. Invece di percorrere a piedi la strada principale poi, optai per fare un giro da Animal House (adesso sostituito da un’ottima pizzeria chiamata La Fata Cicciona) per vedere i furetti e procedendo dritto ci saremmo trovate davanti alle Poste. Era una buona strada, non ci passavano molte macchine a differenza di quella principale e non si rischiava di essere schiacciati da chi parcheggiava in doppia fila per andare dal fioraio o alla bottega della carta, ma non ci si trovava neanche nel mezzo a frotte scatenate di bambini che uscivano dalle scuole elementari o dall’asilo comunale di fronte ai giardinetti di via Minzoni. L’unica pecca era il Circolo. Adesso è stato adibito anche a pizzeria molto più di quanto lo era prima e credo che ci sia una spietata concorrenza visto che è molto vicino alla nuova pizzeria a taglio, ma c’è una notevole differenza tra i due: da una parte giovani in motorino e tavolini “all’american dinner” e dall’altra i soliti vecchietti che cercano compagnia per giocare a carte o guardare le partite in tv. Dico “pecca” perché di giorno esattamente come di sera quando l’unica stanza libera si trasformava in una piccola discoteca per ragazzini, i suddetti vecchietti urlavano e tiravano parole su argomenti per noi ben poco interessanti. Ma d’altronde si sa come sono fatti i piccoli paesi, ci si conosce tutti, ci si sopporta…
Insomma, io e la mia amica eravamo alle Poste e prendemmo la scorciatoia per non dover passare in mezzo alle auto che sfrecciano. Attraversammo la strada delle scuole, passammo davanti al ristorante Tobago, salimmo verso i giardinetti vicino alla fonte del bagno dove l’acqua puzzava di zolfo e ci ritrovammo al supermercato Colzi. Una grossa risata riempì l’aria quando capimmo di aver sbagliato strada, non era certo la via giusta per arrivare alla biblioteca! Perdersi tra le strade del proprio paese non è da tutti! O forse eravamo solo un po’ sovrappensiero. Con un po’ di logica e di senso di orientamento ci dirigemmo verso la Badia, una piccola chiesa molto suggestiva che spesso viene usata per matrimoni o cerimonie in genere, e riuscimmo a trovare il tanto agognato libro ma ormai era tardi e l’autobus per tornare a casa stava per passare quindi non potemmo far altro che tornare alla fermata più vicina e risalire verso la collina.
Una cosa che amo molto del mio paese sono i punti panoramici: il Belvedere è uno di questi e per arrivarci si può passare sia dalla piazza principale che da alcune straducole secondarie, così come per Montale Alto. È il punto per eccellenza dove andare a vedere i fuochi d’artificio la notte del patrono in estate e dove sicuramente puoi trovare qualche centimetro di neve anche se in paese ne ha fatta solo una spolverata. La strada per arrivarci è tutta in salita, ma ne vale la pena e ne valeva la pena mentre si andava in due sul motorino col vento in faccia e la targa coperta per non farsi segnalare. Per scendere invece si sceglieva sempre la strada più facile e anche quella asfaltata che portava alla casa di Brio poco prima del parco dell’Aringhese. Quel parco è pieno di giochi per bambini, ma negli ultimi tempi è lasciato a se stesso e questo mi dispiace. Ricordo quando era teatro di concerti di artisti famosi e non, di feste in primavera, o quando era solo un parco in estate con l’erba tagliata e il laghetto ben tenuto dove potevi andare a prendere il sole sulla collinetta o a cercare l’ombra mentre guardavi le tartarughe nuotare.
Se ci trovavamo sotto i portici delle scuole tagliavamo per le succursali passando attraverso la strada sterrata sempre piena d’erba e di cacca di cani a passeggio, costeggiavamo la chiesa, si passava davanti al cimitero e si prendeva la stradina stretta a senso unico che portava dritti davanti al cancello del parco.
Adesso i tempi sono cambiati e pur avendo soltanto ventitre anni da compiere mi sento vecchia e commossa a parlare di come era il mio paese e di cosa ho vissuto, di quali fossero i miei punti di riferimento, di come molte cose siano sparite o abbiano subito un cambiamento repentino.
Lo scorso anno io e la mia famiglia abbiamo venduto la roulotte che avevamo da 15 anni in un campeggio a Livorno e che aveva creato per me delle seconde radici da amare e a cui aggrapparmi. Cosa c’entra? Ogni volta, a fine stagione, appena oltrepassato il cartello con su scritto che Montale iniziava da li, aprivo il finestrino e uscivo con la testa fuori. Prendevo tutto il vento, i capelli si appiccicavano al viso, vedevo scorrere le case e i negozi da me ben noti che per tre mesi mi erano mancati e respiravo forte l’aria. L’aria di casa. Anche se un giorno dovrò andarmene, se la vita mi porterà verso altre scelte e diverse destinazioni, Montale per me sarà sempre “casa”.
Autore: Martina Buracci
Premio letterario "Racconta la tua città"
Copertina: foto di alh1 via flickr