Uno di quei posti angusti e senza tempo. Dalle innovazioni pressoché minime: un campanello, una luce piuttosto che una ringhiera.
Ma niente di nuovo, scientifico, tecnologico. Niente di niente. Neppure il clima. Che, nonostante Novembre, appare coraggiosamente mite e sereno.
Il sole, adagiato sui tetti dei palazzi circostanti, sembra non volersi arrendere alle nuvole.
Mica come me! Che dalle nove di mattina sono oscurato da cataloghi e moduli di “RICHIESTA TESTI”.
Cerco un libro di un certo Émile Ajar. Uno scrittore francese che, dopo la morte, si scoprì pseudonimo di Romain Gary. Ovviamente io cercavo un autore e i cataloghi ne indicavano un altro. ..“E allora due sono le cose giovanotto: o site sceme vuje, o songe scemo io..!!”… “E siccome io qui ci lavoro da trent’anni non mi pare proprio il caso” … “Ok ok ho capito! Scendo un attimo..e ricontrollo meglio!!”.
Cosi un quarto d’ora dopo, mentre cerco di rimpastare la mia mimica facciale per mostrarmi il più desolato possibile, sono di nuovo di fronte all’uomo dalla trentennale esperienza: “L’autore è Émile Ajar e nessun altro. Non c’è nessun errore da parta sua !!” (penso e dico, perché sono obiettivo). Mi siedo.
Sono le due del pomeriggio e le sale quasi completamente vuote. Di fronte a me, quell’inaccessibile espressione letteraria. “Finalmente!”, penso. Un romanzo del 1975, di 200 pagine. Inizio a sfogliarlo. Mi piacerebbe prenderlo in prestito. Sembra un libro interessante. Il titolo l’ho sentito per radio. Pare che abbia venduto milioni di copie. Mi precipito a leggere qualche pagina.
“Una vita davanti a sé”…“Guarda un po’ che strano titolo! Un terribile scherzo del destino??” mi viene il dubbio che veramente dentro quel libro ci sia la mia vita! La vita che sarà; (o quella che vorrei?) quella che un giorno verrà a trovarmi e s’impadronirà di me, impedendo finalmente agli eventi di decidere al posto mio.. che mi prenderà per mano e comincerà mostrarmi le cose più belle.
Come questo posto. Dove, insieme al silenzio degli occhi, si può osservare il mare. Attraverso una porta aperta, con delizia, sul golfo.
Mergellina e orizzonte. Vele e crociere. Azzurro e… azzurro. Già, azzurro e… azzurro. Come diceva lei… Su questo tavolo, esattamente in questo angolo del mondo, leggevamo incuriositi le pagine de La Dolce Vita. Quel testo che narrava di tutti i retroscena del film che segnò un’epoca. Piaceva ad entrambi Fellini. Ci piaceva perché era arguto, magico e i suoi film spesso surreali. Eravamo stregati dagli anni delle irripetibili notti romane. Fantasticavamo divertiti a un tavolo di Via Veneto. Seduti come prede quotidiane della cronaca. Immaginandoci divi del passato, pronti a vivere la nostra grande avventura. Degli anni più belli: quelli delle nostra giovinezza, del nostro amore.
Da allora sono passati due anni. Alessia ha deciso di lavorare in America accettando, inspiegabilmente presto, una proposta giunta per raccomandata. Dimenticandosi delle sua vita passata.. dimenticandosi soprattutto di me.
Ora qui, ci sono io, il mio libro e le sue invitanti pagine iniziali. C’è la vera identità del protagonista Momò, la visione diretta e crudele del quartiere parigino di Belleville, c’è perfino chi si è permesso di scrivere nell’introduzione: “Sei diventato pazzo per Colei che ami”. E chi ha risposto: “La vita ha sapore solo per i pazzi”.
Chiudo gli occhi e ritorno ad ascoltare lei. Ascolto il suo profumo alla vaniglia. Le canzoncine in inglese fastidiosamente sussurrate nel mio orecchio. Il gusto caramelloso dei suoi baci. Il colore tenero dei suoi occhi. Ascolto il sapore di caffè appena pronto, il colore terribilmente azzurro del mare, l’odore antico dei libri di arte drammatica.
Ritorno agli anni universitari. Quando era così raro concedersi una pausa. Una finestra discreta sul mondo. Un giorno di vita felice. Spensierati come solo due giovani possono esserlo. Ritorno ai momenti magici dopo gli esame. Dopo uno di quelli duri e faticosi. Rivivo le passeggiate a Via Chiaia. I nostri baci dolcissimi allo zucchero a velo delle sfogliatelle ancora calde. Il caffè dalle tazze bollenti del Bar Gambrinus.
Ora che lei non c’è più .. la quiete di questo posto rasserena, senza chiedere nulla in cambio, le mie inquietudini. Ora che sono solo, con il mio libro. Ancora più solo. Accanto alle mie avversità. Agli avvisi pubblici. Ai traslochi coordinati e continuativi.
Ora che sono (da solo) in cerca di una nuova occupazione. Probabilmente al nord. In qualche luogo freddo e senza sole, dove lo sera ascolti presto il profumo del camino. Per un anno, due…o forse per sempre! Vorrei non lasciare mai questo posto, questa pagina ancora viva di noi.
Qui dove, anche i vecchi libri decidono di restarci a vita e i gerani si nutrono esclusivamente di mare e di sole. In questi luoghi felici. Dove ancora le giornate profumano di primavera. Ed il sole sembra non tramontare mai.
Autore: Clemente Cipresso
Premio Letterario "Racconta la tua città"
Foto di copertina: Mergellina, Napoli, foto di toastbrot81, via flickr