Quando si vive in una città, un paese, un qualsiasi luogo da tutta la vita, quasi sempre, non gli si da la giusta considerazione che in realtà, meriterebbe. Spesso sotto i nostri piedi si nascondono storie, persone, epoche così lontane dalla nostra da sembrare irraggiungibili.

È questo il caso della Città di Gubbio, l’antica Ikuvium o Iguvium conosciuta già nell’epoca romana, ma anche da molto prima; all’inizio diventa municipio di Roma poi venne distrutta dai Goti di Totila; rinasce nel medioevo prima come libero Comune poi come Signoria sotto i Montefeltro e i Della Rovere fino a diventare parte dello Stato Pontificio.

Camminare per la città significa passeggiare sopra resti etruschi, romani, medioevali se non ancora più antichi!

Il monumento che colpisce all’arrivo è il Palazzo dei Consoli con la sua immensa Piazza Grande, piazza pensile sorretta da quattro arcate, di epoca medioevale dalla quale si snodavano tutte le attività principali della giornata.

All’interno del Palazzo dei Consoli si trova il reperto probabilmente più antico di tutti, le Tavole Eugubine; sette tavole di datazione compresa tra il 200 a.C. e il 120 a.C. scritte in Umbro, un insieme di caratteri etruschi e latini, per la traduzione delle quali si sono dilettati diversi esperti.

Non si capisce bene da chi e dove sono state scoperte, ma sono citate anche nel famoso “Anna Karenina” di Tolstoj che dice: “Dopo aver letto ancora un po’ il libro sulle tavole Eugubine e risvegliato in se l’interesse verso di queste, Aleksej Aleksandrovic, alle undici andò a dormire…”.

Proseguendo all’interno della Città di Pietra troviamo un intrico di vie, vicoli e scorci magici contornati da decine di botteghe di artigiani, dalla ceramica alla lavorazione della pelle, dal ferro battuto alle drogherie piene di prodotti tipici come tartufo, salumi e la buonissima crescia, una specie di pizza che viene farcita, retaggio del pane dei poveri di una volta; tutto ciò da la sensazione di essere catapultati nel passato.

una via di gubbio. le case sono tutte costruite in sassi e pietre
Foto di Anguskirk via Flickr

Sembra di vivere all’epoca di San Francesco, che venne a Gubbio per ammansire il lupo, e Sant’Ubaldo, patrono della città che all’epoca impedì l’invasione di Federico Barbarossa e al quale Dante dedicò una terzina del canto XI della Divina Commedia 

“intra Tupino e l’acqua che discende

del colle eletto dal beato Ubaldo,

fertile costa d’alto monte pende”.

Continuo a camminare per questo intricato dedalo di vie e mi soffermo di fronte la statua del Patrono Ubaldo, con lo sguardo abbraccia tutta la città, mi sento parte del suo amore, gioisco di ciò e per questo esprimo un desiderio infilando il dito mignolo nell’anello di ferro che spunta al basamento.

Le gambe camminano da sole, i piedi non sentono la fatica, torri, chiese e affreschi guidano il corpo alla scoperta della storia.

Se si prende la Funivia, poco dopo aver visitato la Chiesa di San Agostino, si giunge alla Basilica di San Ubaldo dove sono conservati sia il corpo intatto del Santo, sia i tre Ceri (Sant’Ubaldo, San Giorgio e Sant’Antonio) la quale corsa si svolge ogni 15 maggio ed è in onore del Santo Patrono, ma le cui origini si perdono nella notte dei tempi poiché probabilmente era un rito pagano.

Al di fuori, se ci si sporge al parapetto, si rimane senza fiato alla vista del panorama, un misto di storia, perché si vede il Teatro Romano e il Mausoleo Romano e la parte medioevale, e di natura per l’immensità di campi e verde che circonda la città.

Finita la visita e la benedizione alla Basilica si può tornare a valle sia di nuovo con la funivia, sia a piedi percorrendo in discesa dei “stradoni” che il giorno dei ceri vengono invece fatti in salita (di corsa tra l’altro, in circa otto minuti!).

Se si sceglie questa seconda opzione ci si ritrova a visitare il Duomo opera del sec. XIII, il Palazzo Ducale  che pare essere stato voluto da Federico da Montefeltro a copia di quello di Urbino, dentro il quale è possibile visitare degli scavi archeologici.

Se si prosegue a sinistra ci si trova affascinati nell’osservare la Botte dei Canonici, un’enorme botte del 1500 costruita senza cerchi metallici, ma sorretta da un intreccio di travi di legno, essa contiene 387 barili (un barile corrisponde a 50 litri); se invece si sceglie la parte a destra si possono visitare i Giardini Pensili; il seguente Parco Ranghiasci e la Chiesa di Santa Croce della Foce, nella quale si possono notare segni templari, in passato nel retro vi era uno “spedale” per pellegrini, ed è proprio qui che dal 3 al 7 marzo 1310 venne svolto uno degli ultimi processi ai Templari.

Un dolce e delicato profumo di ginestra, di rose e di gelsomino pervade l’aria; mi si insinua nelle narici e giù fino alla gola, ansiolitico naturale che unito alla bellezza dell’ambiente circostante, diventa la migliore medicina dell’anima. 

Quest’ultima tuttavia nasce ai piedi della Gola del Bottaccione la quale è formata da rocce calcaree stratificate di sedimentazione marina dell’antico mare Tetide sollevatesi successivamente nei movimenti orogenetici dell’Appennino; questi strati raccontano una storia geologica di oltre 100 milioni di anni. 

La particolarità è che queste rocce contengono un valore di iridio (minerale contenuto nei meteoriti) pari a 9 parti per miliardo che corrispondono ad un impatto con un meteorite di circa 5-10 km di diametro; e se qui cadde il meteorite che estinse i dinosauri?

Ma torniamo verso il centro di questa città piena di sorprese e andiamo a fare visita ad un posto che ricorda uno dei periodi più brutti della storia dell’umanità, il Mausoleo dei Quaranta Martiri, realizzato in memoria di queste 40 persone morte il 22 giugno 1944 per mano di nazisti. 

Queste 40 persone erano cittadini innocenti e pagarono con la vita un attentato che i Gap partigiani fecero agli ufficiali tedeschi.

I momenti tragici della storia non vanno mai dimenticati affinché non si commettano più errori di tale portata, ma lasciamo le cose tristi ed immergiamoci di nuovo nell’allegria e la pazzia tipica degli  eugubini, tanto più che Gubbio è chiamata la Città dei Matti, ma vera e certificata, gli eugubini sono gli unici che dopo un’adeguata iniziazione, possono rilasciare la Patente da Matto.

Come fare? Semplice! Basta farsi battezzare da un eugubino mentre si fanno tre giri intorno la Fontana del Bargello, fatto ciò viene rilasciata la Patente da Matto che è un vero e proprio foglio che certifica l’avvenuta pazzia (ovviamente in senso goliardico).

Se si fa questa passeggiata il 14 maggio, giorno prima dei ceri, è bello tornare in Piazza Grande per ascoltare il suono commovente del Campanone, mosso a mano dai campanari e perché no, subito dopo, andarsi a prendere una bella vaschetta di baccalà sotto gli arconi della piazza; se invece si fa questo giretto l’8 dicembre, dopo il suono del Campanone si assiste all’accensione dell’Albero di Natale più grande del mondo, realizzato con centinaia di luci lungo tutta la facciata del Monte Ingino.

È ovvio che qualunque giro si sceglie, qualunque passeggiata si fa si concluderà sempre con una bella mangiata e una sana bevuta in compagnia, senza strafare, ma divertendosi, consapevoli di aver visto un posto unico nel suo genere.

 

Autore: Cecilia Passeri

Premio letterario Racconta la tua città 

Immagine di copertina: Roberto Agostini

 

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