Campi, panni stesi al sole, muretti, ponticelli e corsi d'acqua in cui giocare, e tante occasioni di festa nella Gorizia di una volta, raccontata da Franco

Tanti ricordano una periferia, una strada, sia essa una Via Pal, una Via Gluk o qualcosa di più anonimo.

Io rivedo una distesa di campi che difendeva il borgo dal progressivo dilagare del cemento della vicina città. Filari bassi di gelsi dalle foglie carnose e carichi di more d’estate, si perdevano all’orizzonte in questa e quella direzione, e davano un senso di familiarità al paesaggio.

Presso il “Pastificio Mulinaris“, che poteva ben figurare sulla copertina di un LP dei Pink Floid per la bella ciminiera in mattoni rossi, un folto pioppeto fiancheggiava la statale che diveniva Via Veneto in corrispondenza della targa “Cussignacco“, riferimento ultimo per le magistrali “staccate“ del Sig. Enzo, pilota provetto ed emulo inveterato del meno noto Steve Mc. Queen.

Lungo quella strada sfilava tutto il paese, anche più volte al giorno: il medico condotto in motorino, perché privato della patente in circostanze misteriose, l’appuntato Mario “lo smilzo“, l’Anita, la Signora Mentana e mio padre in bicicletta, nonché il Maggiore C. con la sua FIAT 1100 … ed un signore in carriola trascinato dalla moglie il sabato pomeriggio dopo la solita sbronza.

In quel contesto pittoresco una piccola roggia senza pretese faceva la sua parte: la poca acqua scorreva sotto i ponticelli delle prime case per raggiungere, più in là, il centro del paese e proseguire oltre sino al mare, senz’altro, come ogni corso d’acqua che si rispetti.

Erano gli anni 60 – 70 e si parlava appena di elettrodomestici; le massaie del vicinato si alternavano al “ lavatoio “ in cemento che pescava nella piccola roggia per fare il bucato: battevano e sciacquavano i panni per delle ore, poi mettevano tutto a stendere ed era uno spettacolo, soprattutto con il vento che dava vita a calzetti e mutande, camicie e fazzoletti … spargendo negli orti una buona fragranza di sapone. “ … non toccate i panni … “ urlavano ai bambini che giocavano da quelle parti, “ … non tirate quei fili … “ sbraitavano allarmate mamme, nonne e sorelle, e tutti fuggivano, oltre le reti in fondo, nella “ stradina “, scenario privilegiato di battaglie a suon di bastonate, sassate e quant’altro. Per fortuna, nonostante la violenza di quegli scontri, nessuno si faceva troppo male, solo qualche graffio ed abiti strappati!

La nostra piccola roggia rivestiva, quindi, una funzione importante nell’equilibrio socioeconomico delle famiglie del vecchio cortile ed era anche fonte di nuovi giochi sui ponticelli o lungo le brevi rive erbose: “ … non sporgetevi, non bagnatevi … “ urlavano ancora mamme, nonne e sorelle, ma nessuno le ascoltava per poi buscarle, ovviamente, a casa.

E quell’estate successe qualcosa di inaudito: sospesero il flusso insopprimibile della piccola roggia per bonificarne il letto invero colmo di ogni “ ben di Dio “.

Così apparvero bottiglie, scarpe, barattoli, ombrelli, ferri vecchi … di tutto e di più! Le massaie si lamentavano per il bucato, Mario “ lo smilzo “, mio padre ed Enzo Mc. Queen per l’impossibilità di innaffiare gli orticelli, ma noi bimbi eravamo felici di “ razzolare “ tra fango, alghe marce e rifiuti vari alla ricerca di chissà quale tesoro.

E fu così che, curiosando sotto un ponte dove si era formata una vasta pozzanghera, qualcuno gridò: “ … l’acqua si muove, c’è qualcosa nell’acqua … “ In un baleno accorsero tutti con secchi e badili, forconi e rastrelli che sembrava una rivolta feudale contro il Maggiore C., il Parroco Don Santo Sant, il fornaio in piazza … “ … batti col badile … “ “ … tira la pietra … “ “ … infilza … “ Tanto fecero che catturarono … un’enorme trota arenata, spiaggiata come una balena sotto il ponte.

Mentana ballava ad onta dei calli, mia madre accendeva già il gas della cucina, Enzo si faceva fotografare come Hemingway accanto alla preda e fu una festa corale del vecchio cortile!

Sì, fu una grande festa per tutti noi e se ne parlò ancora, la sera, prendendo il fresco sui gradini di casa. Questo succedeva “ nell’era del cinghiale bianco “, quando si vedevano appena TV e lavatrici, frigoriferi e spremiagrumi … e dopo cena c’era sempre tempo per fare due chiacchiere con i vicini.

E poi? Tempo fa sono tornato da quelle parti ed ho cercato la piccola roggia, la “ stradina “ di allora. A fatica ho scoperto un nastro d’asfalto al posto dei ciottoli e dei ciuffi d’erba sui quali correvo, nuove case, muretti, reti e cancelli senza sosta al posto del mare d’erba che ricordavo: piccole prigioni, anonimi cortili vuoti, oramai, … tutti sono partiti e resta solo il vento tra le foglie argentate del vecchio pioppeto, con le sue storie di bimbi, mamme, nonne e sorelle, comici personaggi e semplici eroi di tutti i giorni.

Se passi di là, fermati un attimo, chiudi gli occhi e sogna anche tu la piccola roggia di allora, una “ stradina “ e vecchi cortili …

 

Autore: Franco Branco

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