Dopo La Verna e le sue foreste sacre, ritorniamo a camminare tra boschi millenari di abeti bianchi per raggiungere un altro suggestivo e antico luogo di meditazione, l’eremo di Camaldoli
L’Eremo di Camaldoli sorse dopo che il monaco ed eremita Ravennate, San Romualdo, abbandonò il monastero in cui si trovava per cercare luoghi piu deserti in cui meditare, ed affascinato dalla pace di questa foresta decise di fermarsi e di costruirsi una cella. Era il 1025.
Seguendo il suo esempio, altri monaci fecero lo stesso, così naque l’Eremo di Camaldoli, questo meraviglioso luogo di pace abbracciato dalla foresta.
Una scultura contemporanea, “Porta Speciosa”, opera dell’artista Parmigiani, precede l’ingresso all’eremo. L’opera parla di vita e morte, e lo fa semplicemente, attraverso la natura: due alberi in bronzo fuso, uno morto e l’altro vivo ma spoglio (come la vita austera all’interno dell’eremo), un gufo, una lumaca ed uno scarabeo, che vivono grazie alla corteccia dell’albero morto.
La Vita nell’Eremo
Oggi l’eremo ospita nove monaci, come ci racconta la guida, che vivono nelle antiche celle di oltre mille anni. Pur cercando la solitudine, il loro isolamento non è totale: hanno accesso a internet e ai mezzi di informazione, mantenendo così un legame con il mondo moderno, senza però rinunciare alla loro scelta di vita contemplativa.
Durante la visita, possiamo esplorare la cella più antica, quella di San Romualdo. Questo piccolo spazio, con il suo orto, rappresenta un microcosmo autosufficiente. La finestra in cui passava l’aiuto alimentare nei mesi invernali era l’unico collegamento con la realtà esterna. Entrando nella cella, un corrioio a forma di chiocciola aveva due funzioni: una pratica, isolare dal freddo la zona dove il monaco aveva il letto e la scrivania; l’altra simbolica, la spirale rimanda cammino interiore che il monaco deve compiere per arrivare alla propria serenità.
L’eremo è avvolto in un silenzio quasi assoluto, interrotto solo dal rintocco della campana che segna i momenti di preghiera. I monaci, che talvolta si scorgono passeggiare lentamente nei dintorni, vivono in armonia con l’ambiente circostante. Un prato di tulipani aggiunge una nota di colore a questo spazio sobrio, dominato da una quiete contemplativa.
Per chi desidera vivere un’esperienza di profonda riflessione, è possibile pernottare nell’eremo, con soggiorni che vanno da un minimo di due a un massimo di sette notti. Le prenotazioni possono essere fatte tramite la foresteria al numero 0575-556013. Per maggiori Informazioni: http://www.camaldoli.it
Camminare tra i boschi, pellegrini di ieri e di oggi
Camminando a piedi tra i sentieri delle foreste casentinesi riscopriamo il piacere di ascoltare la natura con tutti i sensi. Ci sentiamo piccoli davanti alla grandezza degli alberi e delle rocce, davanti alla maestosità della terra. Ascoltiamo il ritmo lento dei nostri passi e sappiamo che quello stesso sentiero ha collegato magicamente l’esistenza di tanti uomini, umili e potenti, studiosi e artisti, santi e pellegrini.
All’interno delle Foreste Casentinesi si intrecciano l’Alta via dei Parchi, la strada che attraversa tutti i crinali dell’Emilia Romagna fino alle Marche, la via Romea di Stade, la strada percorsa dai pellegrini verso Roma, passando per Bagni di Romagna e Vallesanta, come via alternativa alla Francigena
Il camminare riporta il viaggio all’esperienza spirtuale e di vita, come lo era per i pellegrini di un tempo, che attraversavano territori mai incontrati prima con emozione e consapevolezza che sarebbero tornati diversi da come erano partiti.
La Ricchezza dei Boschi di Camaldoli
La foresta è la vera ricchezza di questo territorio, uno dei meno conosciuti della Toscana. Lo scopriamo lentamente, percorrendolo a piedi, avvolti dal profumo di terra e muschio, dai rumori del bosco, dalla luce che penetra tra le foglie, accendendo i colori degli alberi.
Un tempo il bosco forniva legname di ottima qualità, che veninva sfruttato nei cantieri navali o nella costruzione delle principali architetture e chiese di di Firenze, rappresentando così una risorsa preziosa per gli abitanti della montagna.
La cura del bosco è stata portata avanti nei secoli dai monaci camaldolesi. Gli abeti bianchi rappresentavano infatti gli alberi della spiritualità e della meditazione. Così, i monaci vivevano a stretto contatto con questi boschi per assorbire le virtù delle grandi piante della foresta.
Oggi la foresta rimane la vera ricchezza di questo luogo, che si può attraversare a piedi (o con le ciaspole d’inverno) seguendo oltre 600 chilometri di sentieri, senza mai uscire dal parco e senza mai incontrare strade asfaltate, ma solo piccoli borghi e suggestivi villaggi.
Immagine di copertina: in cammino nel bosco dell’Eremo di Camaldoli