Architetto rinascimentale conosciuto in tutto il mondo, Andrea Palladio è il simbolo della città di Vicenza, che ha ricevuto il riconoscimento UNESCO per il suo incredibile patrimonio architettonico. Scopriamolo insieme
Partiamo alla scoperta di una delle città più belle del Veneto seguendo le tracce e la storia dell’architetto rinascimentale che l’ha resa famosa nel mondo. Vicenza è Sito Patrimonio Mondiale dell’Umanità riconosciuta dall’UNESCO per la sua unicità legata in particolare all’opera dell’architetto Andrea Palladio. Percorriamo a piedi le strade del centro di Vicenza e visitiamo alcune delle sue architetture più significative.
Vicenza, la città che accoglie il talento di Palladio
Il suo vero nome era Andrea di Pietro della Gondola. Nato a Padova nel 1508, da una famiglia di umili origini, Palladio a tredici anni lavorava già come apprendista scalpellino nella sua città. L’ambiente di lavoro non era dei migliori e un paio di anni dopo, a 15 anni, decide di trasferirsi a Vicenza. Qui inizia a lavorare in una bottega allora rinomata, quella del costruttore Giovanni di Giacomo da Porlezza e dello scultore Girolamo Pittoni.
Nessuno avrebbe mai immaginato che quel giovane scalpellino di umili origini sarebbe diventato uno degli architetti italiani più famosi al mondo.
Si dice che la fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità (Seneca). In effetti questo è successo ad Andrea di Pietro della Gondola.
A Vicenza il suo grande talento è stato riconosciuto da un nobile molto influente e ben inserito nella società rinascimentale dell’epoca. Si tratta di Gian Giorgio Trissino dal Vello d’Oro, un letterato, ma anche un diplomatico, amante dell’arte e della cultura antica, greca e romana. Tra il 1535 e il 1538 Trissino incontra Andrea di Pietro tra le maestranze impiegate nel cantiere della sua villa e ne nota subito le grandi capacità.
Così, Trissino decide di aiutarlo e di prendesi cura della sua formazione culturale. Lo porta a Roma per studiare le forme dell’architettura classica, tanto amata dagli artisti rinascimentali. Ed è lui ad attribuirgli il soprannome di “Palladio”, ispirandosi a Pallade, dea della saggezza.
Palladio, icona Italiana nel mondo
A Roma Palladio studia l’architettura classica, annota e disegna ogni dettaglio. A soli 22 anni inizia a scrivere I Quattro Libri dell’Architettura, che verranno arricchiti in seguito con i disegni dei suoi progetti. Questo trattato diviso in 4 libri era uno dei testi più completi di architettura dell’epoca. Pubblicato nella prima edizione del 1570 a Venezia, venne poi tradotto in varie lingue e riscosse un enorme successo in tutta Europa, e anche in America. Grazie a questi Quattro Libri dell’Architettura, le opere di Palladio divennero popolari in tutto il mondo, influenzando in modo determinante l’architettura occidentale.
È così che lo stile, detto «palladianesimo», si diffonde in tutto il mondo nei secoli successivi. Basti pensare a edifici come la Casa Bianca a Washington. Nel 2010 il Congresso degli Stati Uniti ha riconosciuto il Palladio come il padre dell’architettura americana. Palladio ci insegna quanto è importante pubblicare per comunicare. L’Inghilterra, gran parte dell’Europa e l’America impareranno l’architettura dai suoi libri e due secoli dopo si diffonde in tutto il mondo lo stile Palladiano.
Ma ritorniamo a Vicenza, e iniziamo il nostro viaggio alla scoperta della città e delle opere di Andrea Palladio proprio dall’ultimo suo progetto. Il Teatro Olimpico è allo stesso tempo il primo teatro stabile coperto del Rinascimento e l’ultima opera di Andrea Palladio. La progettazione del teatro inizia nel 1580, lo stesso anno della morte dell’architettetto ed i disegni furono completati da suo figlio Marco Antonio.
Il Teatro Olimpico di Vicenza
Tutto ebbe origine con l’istituzione a Vicenza dell’Accademia Olimpica. Tra i nomi dei 28 membri fondatori, nobili ed eruditi, appassionati di scienze, astronomia, ma anche di arte teatrale, compare anche quello di Andrea Palladio. Nel cinquecento a Vicenza mancava un teatro coperto. Così gli accademici, cercando una soluzione, individuarono uno spazio all’interno di un’antica fortezza comunale, che era utilizzata come carcere e come polveriera. L’incarico per la progettazione fu subito affidato al Palladio. Gli spazi erano stretti e angusti, non adatti a ricavarci un teatro classico, ma Andrea Palladio trovò la soluzione.
Entrando nel teatro Olimpico, colonne, capitelli, statue, bassorilievi, sembrano catapultarci indietro nel tempo, in un antico teatro greco o romano. Siamo all’interno di un teatro di concezione classica ma allo stesso tempo moderno, perché adattato alle esigenze di natura pratica del luogo. Alla pianta circolare del tempio greco classico, Palladio sostituisce una pianta ellittica. La cavea appare un po’ schiacciata, ma in questo modo Palladio riesce a sfruttare le murature esistenti dell’edificio, risparmiando perciò nella costruzione. Come sostiene Vitruvio (architetto e scrittore romano), l’architettura risponde a tre principi: la firmitas (la solidità costruttiva), la utilitas (la destinazione d’uso) e la venustas (la bellezza).
La nostra attenzione si concentra nel prospetto teatrale, si chiama “frontescena” ed è suddiviso in 3 registri, racchiusi in modo armonico in uno schema geometrico perfetto.
Le colonne di ordine corinzio ricordano le architetture romane e gli archi trionfali. Sui bassorilievi compare Ercole, mitico fondatore dei giochi olimpici, ritratto in alcune delle sue famose fatiche. Tutt’attorno, la scena è gremita di statue: sembrano eroi romani, ma nei loro volti si riconoscono i fondatori dell’accademia.
La cavea ellittica è delimitata da una balaustra con 28 statue in pietra che rappresentano i fondatori dell’Accademia Olimpica. Tra queste compare anche Andrea Palladio, con i libri in mano tra Trissino (alla sua destra) e Vincenzo Scamozzi (alla sua sinistra).
La scenografia è un capolavoro di illusione prospettica, realizzato in legno, stucco e gesso. A disegnarla fu l’allievo di Palladio, Vincenzo Scamozzi. La scenografia doveva evocare le vie e le case della città di Tebe, dove era ambientata la tragedia di Sofocle, ma può ricordare anche Vicenza rinascimentale. Pensata come sfondo provvisorio per la cerimonia inaugurale, ma per fortuna è rimasta inalterata fino ad oggi.
Dietro le tre aperture della grande scena ci sono 5 strade realizzate in prospettiva accelerata. Le pareti e il pavimento sono fortemente convergenti: questo crea l’impressione di una grandissima profondità urbana. Inoltre, le direzioni radiali delle strade permettono agli spettatori, ovunque siano seduti, di poterne vedere almeno una.
L’ultima opera di Andrea Palladio ricorda lo stile di un teatro classico, greco-romano, con effetti spettacolari. Palladio ci porta indietro nel tempo. Entrando nel teatro Olimpico di Vicenza siamo catapultati in uno spazio e in un’atmosfera indimenticabili. Il teatro ancora oggi viene utilizzato per spettacoli musicali e teatrali.
La Basilica Palladiana
Ci spostiamo nel cuore pulsante della città, in piazza dei Signori. Qui troviamo la Basilica Palladiana, il capolavoro realizzato dal Palladio a metà del cinquecento, e il simbolo della città.
Fu proprio Palladio a ribatezzare questo edificio “Basilica”. Infatti, in precedenza era il “Palazzo della Ragione” e serviva sia per la pubblica amministrazione che per celebrare i processi. Per questo l’antica torre medievale “Del Tormento” era direttamente collegata all’edificio. La copertura a carena di nave, una sorta di grande ombrello a protezione della città, era facilmente visibile da lontano, da chi arrivava in città.
A metà cinquecento, in seguito da un crollo, l’edificio doveva essere restaurato e fu indetto un concorso. Palladio propose una soluzione originale, la Serliana, che avvolgeva su tre lati il palazzo, creando così una nuova quinta monumentale.
Le logge in pietra bianca sono costituite da archi a tutto sesto, pilastri e coppie di colonne, sormontate da architravi.
L’ispirazione della Basilica nasce dalle basiliche romane, che erano luoghi in cui si amministrava il potere. Palladio voleva recuperare il valore etico ed estetico di quegli edifici.
Il Palazzo Chiericati
L’elegante prospetto di Palazzo Chiericati è una delle massime espressioni dell’amore di Palladio per la cultura classica. Le colonne bianchissiime di ordine dorico (al piano terra) e ionico (al piano superore) scandiscono e ritmano la facciata. L’edificio più simile ad una villa di campagna che ad un palazzo di città fu progettato da Palladio per Girolamo Chiericati. Situato nella piazza dell’Isola (oggi Piazza Matteotti) questo palazzo si trovava in un luogo strategico per il mercato fluviale (era il porto fluviale di Vicenza). L’edificio venne completato nel seicento da artisti e scultori. Oggi è la sede del museo civico.