Con questi presupposti decisi di trasferirmi per motivi di studio a Bivona, piccolo centro della provincia di Agrigento, noto ai più per la coltivazione delle pesche. Amici conosciuti all’università, mi avevano già ospitato nel loro paese proprio in occasione della Sagra della pesca. In quei pochi giorni d’Estate vidi la città immersa nell’aria della festa, piena di gente, caotica e ricca di suoni e profumi lasciandomi uno splendido e felice ricordo. Non sapevo però come Bivona mi avrebbe accolto anni dopo in una piovosa mattinata di Aprile.
Partiti in auto da Palermo, ci siamo immessi nella Strada Statale che collega il capoluogo con la città di Agrigento: un’asse che attraversa la Sicilia da nord a sud collegando una costa all’altra scavalcando i Monti Sicani, uno dei polmoni verdi dell’isola. Il viaggio evidenzia sin dalle prime battute i contrasti della Sicilia: lavori in corso e traffico si alternano a paesaggi incantevoli e paesi incastonati nella pietra. Il sole si fa strada fra le nuvole e illumina il verde dei campi coltivati che muta nel viola della sulla, poi nei marrone dei filari di viti e poi nel colore vivo della terra in attesa della semina. L’arrivo al paese è preceduto dalla vista di un lago artificiale, che contribuisce a creare un mosaico di paesaggio diverso ad ogni curva. Al nostro arrivo ci rechiamo subito alla casa che ci ospiterà per i prossimi mesi. Facciamo in fretta amicizia con la nostra nuova vicina di casa e il suo amatissimo “gatto da guardia” che dorme sul tappeto davanti la porta. Svuotata la macchina dai numerosi bagagli, ci apprestiamo a invadere una casa davvero speciale per degli architetti come noi: le stanze e i bagni sono distribuiti infatti su due piani sormontati da un piccolo terrazzo, mentre al soggiorno e cucina del pian terreno si accede attraverso una scaletta percorribile solo abbassando la testa fino a circa un metro e mezzo. Il tutto è molto strano, ma a noi è subito piaciuta forse proprio per la sua particolarità.
Inizia quindi questa nostra avventura a Bivona, bellissima cittadina medievale con strade tortuose e sorprese ad ogni angolo. Sono tantissime infatti le chiese disseminate per la città e che fanno da cornice a piazzette e slarghi popolati da vasi e fontane. Per l’appunto questa è una zona ricchissima d’acqua potabile e il paese non può che valorizzare questa risorsa. Incontriamo finalmente Andrea, uno degli amici conosciuti anni fa, e che sarà il nostro “primo contatto” con la città e le sue tradizioni. Una di queste è proprio legata all’acqua; quello che è considerato l’ingresso del paese è infatti una piazza con una fontana con doppio rubinetto. Bere l’acqua dei “cannulicchi” è quindi una tappa obbligata per chi arriva in città per la prima volta, soprattutto se vi giunge con l’intenzione di viverla a pieno. L’acqua è fresca e dissetante e ci viene confidato che, otturando con le dita uno dei cannulicchi, si influenza la portata del getto di un’altra fontana vicina. Questa piazza è molto nota ai bivonesi soprattutto perché vi è la fermata del pullman che consente l’accesso ai numerosi studenti che ogni giorno popolano gli istituti superiori della città. Da qui si dirama Via Roma, l’asse principale della città. Oggi però non è una giornata come tutte le altre: un negozio si appresta alla sua inaugurazione e la nostra presenza si nota meno immersa nella gente. Molti infatti ci osservano incuriositi non trovando in noi dei visi familiari, ma che nei prossimi giorni non noteranno più.
Dopo aver pranzato in fretta con i panini decidiamo di organizzare una grigliata per cena. Conosciamo benissimo quanto la Sicilia interna sia ricca di risorse enogastronomiche così abbiamo chiesto a dei colleghi di Cammarata, città vicina, carne di maiale e salsiccia. Questa sera vogliamo infatti sfruttare il terrazzo per cucinare lì la carne e ci servirà quindi del carbone per la grigliata. Continuiamo il nostro giro a piedi per il centro diretti verso un negozio di ferramenta. L’anziano gestore ci informa che dovrà prendere il carbone al magazzino nell’attesa quindi visitiamo la vicina chiesa dalle bianchissime pareti e dal forte odore di incenso. Proseguiamo il nostro giro acquistando del buonissimo pane di grano duro facciamo così la conoscenza della signora Meluccia, che gestisce un piccolo supermercato con ottimi salumi e formaggi locali dai prezzi bassissimi. Fra questi apprezziamo subito la ricotta e il pecorino provenienti dai paesi vicini. Il nostro tour prosegue verso il campo sportivo, ma prima non possiamo non soffermarci ad apprezzare i resti del portale Chiaramontano, unico superstite della Chiesa madre trecentesca. Il rosone vuoto si lascia dolcemente attraversare dalla luce del pomeriggio mentre le precise decorazioni gotiche spiccano per il contrasto con l’opera in rovina usurata dal tempo. La strada continua sotto un antico ponte in pietra e giunge all’ampio campo in cui numerosi bambini corrono e giocano sotto il sole che si appresta a tramontare.
Ultimo tassello per la cena è il vino. Riusciamo ad avere il contatto di un agricoltore del paese: prendiamo appuntamento e lo aspettiamo al suo magazzino. Dopo qualche minuto di attesa giunge un uomo dal viso bruciato dal sole e dai vestiti sporchi di terra. Ci accoglie nel buio magazzino e assaggiamo così il suo vino conservato in botti di rovere: è un rosé ricco e corposo che trasmette tutte le qualità del paesaggio agrario dei Monti Sicani e la sapienza della coltivazione di una volta. Orgoglioso del suo vino, ci mostra l’aceto che da questo ottiene. L’odore fortissimo, acre, quasi piccante è diverso da qualsiasi altra cosa abbia mai sentito.
L’apparente scorza dura del contadino, lascia lo spazio alla cordialità e chiacchierando si finisce per scambiarci ricette e consigli sui piatti. Fra questi impossibile dimenticare quelli riguardanti le acciughe da accompagnare con olio d’oliva, aceto e pane.
Prima di tornare a casa passiamo dalla piazza belvedere, un grande slargo lastricato che si rivolge alla vallata con una splendida vista sul lago. Scherzosamente lo paragoniamo a uno dei classici “lungomare” cui siamo stati abituati, ma all’interno della città è uno spazio urbano che assume diversi ruoli. Notiamo infatti adulti e anziani che passeggiano, ragazzini che giocano a calcio o alle vicine giostre, mentre osserviamo alcuni bambini durante una lezione di judo che si tiene in una sede del Comune che si affaccia sulla piazza. Intanto il sole è definitivamente tramontato: il paesaggio si trasforma e della vallata si riconoscono soltanto le luci di Alessandria della Rocca, vicino paese adagiato fra le colline.
Ripercorriamo così l’asse cittadino verso casa, fino a Piazza Castello dove gli ultimi resti della struttura danno il nome allo spazio urbano. Assaporiamo la cena che rappresenta così un gustoso percorso all’interno della città, del suo comprensorio e dei suoi abitanti. Un viaggio, che nonostante si sia svolto a piedi, allarga gli orizzonti includendo tradizioni, cultura e paesaggio. Bivona abbraccia così l’intero territorio e ci accoglie definitivamente con una fresca serata passata fra le sue strette e sinuose strade, le sue piazze scenografiche, le sue chiese intorpidite dal giallo delle illuminazioni, la sua gente simpatica e cordiale.
Non dimenticammo quella notte, che segnò il nostro inserimento in un contesto poco conosciuto, ma che merita di essere valorizzato e inserito in circuiti più ampi. Reti che lo possano rendere capace di accogliere turisti che abbiano la volontà di vivere il viaggio come esperienza multisensoriale in grado di cogliere e apprezzare interamente le ricchezze della nostra terra e della nostra cultura.
Autore: Emanuele Messina
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Foto di copertina: Bivona, foto di Piero Asaro, via Flickr