Da oggi in poi non vi potranno più accusare di afferrare il passaporto e scappare lontano a ogni fiato di vento.
Basta “Beato te che puoi” e benvenuto “Non può non viaggiare, ce l’ha nel DNA”.
Più precisamente sarebbe una variazione del gene DRD4-R7 a causare una insopprimibile necessità di “andare via”.
Secondo recenti ricerche genetiche, infatti, la modifica del gene predisporrebbe a “viaggiare”, a muoversi e andare a scoprire nuove realtà, nuovi gusti, nuovi mondi.
Innegabilmente, lo spostamento fisico inteso come “viaggio” è una caratteristica di ogni essere umano e il nostro stesso corpo e i suoi arti sono stati creati per facilitare questa azione: le nostre gambe sono più lunghe di quelle dei nostri antenati primati, le nostre anche ci consentono di camminare in posizione eretta a lungo, il nostro cervello si modifica e plasma sulla base delle nostre esperienze, soprattutto di quelle nuove e inaspettate.
I nostri antenati hanno colonizzato l’Europa e l’Asia proveniendo dall’Africa e viaggiando, quindi, su lunghe distanze.
Sia David Dobbs, giornalista del National Geographic che ha affrontato la questione, che il Professore Chaunsheng Chen of della UC Irvine’s School of Education associano, seppure con tutti i distinguo della situazione, la modifica del gene a una maggiore propensione riscontrata in certi individui di essere esposti a nuovi stimoli, di viaggiare, di esplorare e di visitare nuovi paesi, nuove società, nuovi gusti e altro.
Altri sono andati oltre sostenendo che, di norma, questi individui sono pieni di risorse, creativi, spiriti intraprendenti e dei veri e propri pionieri in più ambiti, ma, e c’è sempre un “ma”, sarebbero anche individui spesso “fuori controllo”: insomma genio e sregolatezza, come nei migliori copioni.
L’argomento è stato a lungo dibattuto.
Viaggiare, sia concretamente che in modo allegorico, fa parte della natura umana: è il modo attraverso cui noi esseri umani riconosciamo i limiti del nostro mondo (pensate agli esploratori, alle “Colonne d’Ercole” e a quanti viaggi sono passati da quel primo limite) e persino della nostra mente e del nostro spirito (che dire del viaggio di Dante attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso?)
Insomma, genetica o meno uomini e donne di tutte le origini e di tutti i tempi hanno sentito spesso un insopprimibile desiderio di andare, viaggiare e lo avvertono tutt’ora.
Le migrazioni ci hanno insegnato a confrontarci, in modo più o meno valido, con culture, idee e atteggiamenti diversi dai nostri e hanno plasmato il nostro mondo e lo plasmano anche oggi.
Volendo, poi, affrontare la questione in termini puramente economici l’industria del viaggiare, e quella del turismo, sono ad oggi le uniche realtà economiche che registrano una crescita stabile e molto forte.
Colpa della genetica, del desiderio di novità, dello snobbistico senso di “ennui” quale quello raccontato nelle loro opere da molti artisti dell’Ottocento, l’essere umano continuerà a viaggiare per esplorare il mondo attorno a sé, quello dentro a sé e forse anche l’Universo.