Si può viaggiare per ritrovare l’armonia con la Terra. Camminare lentamente nella Natura. Accettare gli imprevisti. Guardare con occhi nuovi quanto ci era sfuggito per anni. Perdersi e ritrovarsi diversi… Ce lo racconta Duccio Demetrio, professore, filosofo e scrittore, autore di diversi libri, tra cui “La religiosità della terra. Una fede comune per la cura del mondo” (Edizioni Raffaello Cortina, 2013).
Il futuro della terra è nelle nostre mani: che tipologia di viaggio consiglierebbe per favorire l’integrazione reciproca tra uomo e ambiente, compatibile con la tutela della natura?
Ci sono viaggi lontani e viaggi brevi. Anche a poche ore di cammino da dove abitiamo. I primi, talvolta, sono meno interessanti degli altri. Tutto sta a scegliere lo spirito giusto per raggiungere le nostre mete. Con tale concetto mi riferisco al desiderio che ci anima di accordare i contatti tra ambienti antropizzati e ambienti che possano esserlo di meno, anzi il meno possibile. Ben consapevoli che ormai non c’ è angolo della terra che non sia stato da noi contaminato. La natura che incontriamo, scegliendo di camminare lentamente piuttosto che di volare in poche ore verso un luogo affascinante, deve dunque far parte dei nostri intenti. Sempre. C’è natura nei viali o nei parchi di una città, da scrutare nei suoi cortili, da ritrovare nelle terrazze ecologiche dei più recenti grattacieli; c’è natura quando, andando a piedi, la terra sotto di noi ci consente di percepire le vibrazioni di qualcosa che ci sorregge, ci ospita, ci accoglie chiedendoci di riconoscerne l’ immensità e l’inafferrabile. Se in un viaggio non ci incontriamo con domande, enigmi, avventure della mente, scoperte, emozioni, legami da stringere, allora meglio – più onesto – è starsene a casa o non affermare che si sia partiti. Non tutto il nostro andare, fare bagagli, trovare guide, è viaggiare. Lo spirito del viaggiatore va quindi coltivato e scoperto durante il viaggio, quale esso sia.
Un tempo, quando il rapporto con il sacro e con la natura facevano parte del “sentire” dell’uomo, per tutti era evidente questa incredibile sinergia. Come potremmo recuperare oggi il rispetto per la terra e la natura?
Innanzitutto rendendoci conto che, come sostiene quel documento importante che è la “Carta della terra” del 2000, il suo futuro è nelle nostre mani; che ogni atto – il più quotidiano o politico – incide oggi sulle sorti del pianeta. Come scrivo nel libro, “la fede civile” per la terra ci chiede di trovare alleanze di ogni sorta per proteggere il fringuello, quanto il corso di un fiume; il guizzo di una raganella ormai anfibio raro, quanto una foresta abruzzese o amazzonica. Il rispetto per la natura dipende dalla filosofia di vita che scegliamo per noi e per tutti. Che onoriamo a tavola, scegliendo un abito, leggendo un libro. Il nostro stile di vita dimostra di amare la terra già facendo scelte che non la danneggino.
Com’è nata l’idea del libro “La religiosità della terra”? E come ha condotto questa ricerca interiore sullo spirito stesso della natura (come madre e alleata)?
E’ un libro maturato nel corso della mia vita, che rispecchia il mio stupore già infantile – che ho tentato di salvare – per ogni forma e voce di cui la natura si dota per manifestarsi. Talvolta, anche nelle modalità più devastanti e distruttive. Quando più che amarla, ti trovi ad essere preda del panico. La natura ci insegna ad essere realisti, ad accoglierne l’ onnipotenza, a scoprire la nostra finitezza e debolezza. Come sempre, percepibile in cima ad una montagna, sulle rive dell’ oceano, smarrendoci in un deserto, e ovunque si avverta la sensazione religiosa di esserne parte e una specie di annullamento. Ma poi, per riprenderci dallo spaesamento e d’ essa scrivere, raccontare, poetare, dipingere. La natura non lo sa, nella sua inquietante incoscienza, tutta tesa a far sopravvivere se stessa, ma siamo noi a darle parole, linguaggi, simboli che ci permettono di trovare il nostro senso grazie anche al suo silenzio. Amare la natura è darle la parola attraverso una scienza meno invasiva, le tecnologie del linguaggio, le nostre filosofie e religioni. Le prime pagine, dedicate alla religiosità della terra risentono della mia storia agli inizi, dei primi contatti con erba, fango, animali, pianure. Quando restavo attonito al risveglio di un seme, al ricrescere di un ramo reciso, dinanzi al volo degli uccelli. La terra ci invita quindi ad esserne i narratori e con questo libro, soprattutto dopo il precedente “Filosofia del camminare” ci ho riprovato. Lo considero un saggio per meditare anche che cosa rappresenta il divino per noi, pur non essendo teologo, volevo ripercorrere alcune teorie recenti sulla relazione Dio-natura, sull’ esperienza mistica che eremiti, monaci di ogni fede, anacoreti hanno provato tentando di coniugare valori umani con i messaggi che la natura, pur nei suoi silenzi, ci suggerisce.
Nel suo libro “Filosofia del camminare” è evidente l’esaltazione della prospettiva meditabonda del cammino: questo libro è un invito al lettore a ripensare al proprio andare verso, al di fuori di sé e dentro di sé. Come è possibile, ai giorni nostri, riscoprire questa dimensione?
Il meditare la natura è una manifestazione di preghiera, per chi crede e per chi non si pone tale problema. Diceva il filosofo Wittgenstein che noi preghiamo ogniqualvolta ci interroghiamo e prendiamo coscienza della vita. La meditazione è un viaggio interiore ripetuto e interminabile, solitario e condiviso, anche paziente e quotidiano ma animato dallo spirito della ricerca e da inquietudine “bella”. Errabonda, curiosa, attenta al mistero di esistere. Meditare la terra, e in altro modo non possiamo farlo se non andando a piedi, è non cessare mai di porsi domande, è accorgersi che il giardino ben curato è meno interessante di una selva, dalla quale ad un tratto può spuntare inatteso un tasso, un daino, soltanto uno scricciolo.
La mission di Viaggi Verdi, tra l’altro, è quella di creare le condizioni perché chi vive la terra possa essere maggiormente protagonista delle scelte che ne determineranno il futuro. Cosa si sentirebbe di consigliare alle nuove generazioni per preservare la natura e ritrovare l’armonia con questa?
Ho già accennato che “trovare l’ armonia con la terra”, è accettarne paradossalmente le disarmonie, gli squilibri, gli imprevisti. E’ accoglierla nelle sue variazioni, bello è camminare sotto il sole, bello attraversare i colli senesi, in quella sensazione di convivenza perfetta con i paesaggi circostanti. In quelle emozioni che ti fanno avvertire di essere parte dell’universo e, quando è stato il lavoro umano a migliorare il volto della terra, anche di esserlo del mondo dei tuoi simili industriosi e rispettosi delle leggi di natura. Esperienza, questa, che non puoi vivere certamente laddove ogni campagna è stata mangiata dalla dissennatezza, dal disordine ambientale, dalla ricerca del profitto ad ogni costo. Quindi, possiamo tentare ancora di strappare qualche oasi naturalistica agli “ecocidi” dominanti, contrabbandati con le parole sviluppo o progresso; però non vi può essere incontro intonato a quanto andiamo cercando, schivando brutture, se non ci prefiggiamo – come affermo verso la fine del libro – di considerare anche noi stessi una terra sconosciuta da esplorare, arare, riseminare di bellezza e tempo lento, rendendola più feconda. L’ equilibro di ogni viaggiatore va cercato in un ritmo continuo, interessato alla relazione tra il dentro e il fuori. Tra il corpo e quanto l’ andare incontra guidato dal pensiero, dal piacere di svelare, di tornare a casa con ricordi vissuti più che con mille immagini scattate. Più sappiamo trovare le strade dell’ arricchimento interiore e più saremo in grado di salvare e apprezzare quanto ci circonda. Nella soddisfazione di agire non solo per noi, ormai stanchi di tanto scempio, ma anche al posto di tutti coloro che paiono non capire che un viaggio non è cercare una piscina, magari dinanzi ad un mare di cobalto, non è assomigliare ad uno spot pubblicitario. E’ esporsi all’imprevisto, è guardare con occhi nuovi quanto ci era sfuggito per anni, è anche saper perdersi e ritrovarsi diversi.
Grazie a Duccio Demetrio per questi pensieri. Ora sentiamo ancora più nitidamente il bisogno di esplorare natura, di osservare con stupore le sfumature di ogni foglia, di partire per un viaggio lento… Cammineremo a piedi e porteremo nello zaino un buon libro da leggere!
Come questo:
Duccio Demetrio
La religiosità della terra
Una fede civile per la cura del mondo
Minima
Un libro di 200 pp.
13,00 Euro
La religiosità della terra non è una devozione neopagana e nemmeno un culto. È un modo di sentire umano tra i più immediati e istintivi. È meraviglia, commozione, sgomento, dinanzi alla natura e al suo manifestarsi in forme molteplici e discordanti: bellezza sublime, supremazia, indifferenza. Sia il credente sia il non credente, dinanzi alla natura, non possono che provare identiche emozioni. Per questo oggi è necessaria una comune fede civile, un’alleanza feconda nella custodia del mondo, tra tutti coloro che intendono opporsi alle aggressioni, alle negligenze, ai saccheggi indiscriminati contro la nostra terra che, da madre, si rivela sempre più figlia.
Duccio Demetrio, professore ordinario all’Università degli studi di Milano-Bicocca, dove ha insegnato Filosofia dell’educazione e Teorie e pratiche della narrazione, è ora direttore scientifico della Libera Università dell’ Autobiografia di Anghiari (Ar), da lui fondata nel 1998 con Saverio Tutino. Tra i suoi scritti più noti: Raccontarsi (Cortina, 1996); Filosofia del camminare (Cortina, 2005); La vita schiva (Cortina, 2007); La scrittura clinica ( Cortina, 2008); Ascetismo metropolitano (Ponte alle grazie, 2009); I sensi del silenzio (Mimesis,2012). Dirige inoltre il corso di Ecologia narrativa ad Anghiari e, per Accademia del silenzio, la scuola estiva di pedagogia del silenzio a San Leo (www.lua.it).