“Sani! Vegn inte!” Charly apre la pesante porta in legno di castagno dell’antica abitazione di montagna. Fuori solo neve, bianca, soffice e ingombrante. Dentro il fuoco rumoroso del fogher, il cuore delle abitazioni della Val di Zoldo. Un camino aperto su quattro lati e circondato da panche di legno massiccio, dove ci accomodiamo come fanno da sempre gli abitanti di questi minuscoli borghi delle Dolomiti Venete, per scaldarci, cucinare, chiacchierare ed ascoltare le storie del luogo.

Charly e Paola, in mano un bicchiere di vino locale e ai piedi i tradizionali “scarpet”(i calzari confezionati a mano con lo spago), ci raccontano di tempi antichi, del nonno Zoldano di Paola, costretto ad emigrare a Venezia per trovare lavoro, del fabbro Baccan che con la sua astuzia aveva preso in giro persino il diavolo, del “pulesso” e della “pulessa” (il “pucio” e la pulce”) un’antica storiella ecologista che ci dimostra quanto anche una piccolissima azione possa sconvolgere gli equilibri del mondo intero.

Storielle in lingua antica, lo zoldano, di ceppo Ladino, ma ancora parlata e scritta da tutti in questa misteriosa vallata. Storielle che ci danno il benvenuto nel cuore del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, uno dei più giovani e selvaggi parchi Italiani. Un luogo che ci sorprende per la sua natura incontaminata e per i tanti tesori nascosti. Un luogo che vi consigliamo di visitare. Ecco come!

Pelmo e Civetta by Sepp da Nert
Pelmo e Civetta, foto di Sepp da Nert, via flickr

Con le ciaspole, viaggiando nel tempo sui sentieri della val di Zoldo

E’ venuto anche il tempo dei sentieri, degli umili sentieri.” Iniziava così il racconto di Giovanni Angelini, l’umile “professor” di Zoldo che nel secolo scorso amava andare, vedere e sentire la montagna, riscoprendo percorsi dimenticati. Inizia così anche la nostra avventura tra le pale di San Sebastiano e la Moiazza. Ai piedi un paio di leggere “caspe”, le ciaspole come le chiamano in dialetto zoldano, con le quali galleggiare sul soffice manto di neve che copre senza pausa il paesaggio.

Tutt’attorno, dietro alle fitte nuvole, i profili possenti delle Dolomiti: anche se non le vediamo ne percepiamo la presenza. La neve che scende dolcemente e senza sosta copre i nostri giacconi e zaini, si infila nelle sciarpe, punzecchia i nostri volti, attutisce i suoni della montagna, trasforma i colori vibranti della natura in un affascinante deserto freddo, e noi camminatori in piccoli astronauti sperduti. Emiliano, la nostra guida d’eccezione, ci svela il meraviglioso ed antico romanzo di questo luogo. Improvvisamente, con il suo racconto, la neve sembra sciogliersi e lasciare spazio a pianure, mari, oceani e isole tropicali. Ci muoviamo lentamente sulla neve fresca ma viaggiamo velocemente nel tempo e nello spazio.

Si parte da 300 milioni di anni fa, un’estensione temporale profonda ed difficile da comprendere (cosa sono 300 milioni di anni per noi che ne viviamo al massimo 100?). A quel tempo le Dolomiti erano montagne vicine all’equatore su un unico continente. A testimonianza di questa epoca rimangono dei lembi, il basamento metamorfico su cui si appoggiano oggi le Dolomiti.

Tutto è partito da lì, da un’antica catena montuosa, che in seguito è diventata una grande pianura percorsa dai fiumi, poi invasa dal mare, dapprima timido, e poi profondo e ricco di vita.  In seguito questo mare si è trasformato in un arcipelago di isole, rimasto tale per milioni di anni, nel quale è successa “la meraviglia”.

Camminiamo in alta quota, lì dove 240 milioni di anni fa c’era un mare tropicale, punteggiato da atolli e da isole vulcaniche che con il tempo crebbero di dimensioni fino a diventare simili alle isole coralline dei Caraibi, abitate dai primi dinosauri. Se non ci fosse la neve e la nebbia leggeremmo le tracce di questo passato negli incredibili contrasti cromatici delle Dolomiti, nei coralli incastonati nelle rocce, nelle sabbie bianchissime, nelle impronte di dinosauro (sul monte Pelmo è stata trovata l’orma di dinosauro a quota più alta in Europa).
Ascoltando i racconti della nostra guida geologica riusciamo ad immaginare senza troppa fatica il nostro cammino nel mare profondo tra isole coralline che 100 milioni di anni fa sono emerse dal mare per migliaia di metri, in seguito alla collisione dell’Africa contro l’Europa, disegnando la morfologia indistinguibile del paesaggio dolomitico.

Il breve percorso a piedi, ma lunghissimo viaggio nel tempo e nello spazio, termina al rifugio Carestiato, una piccola baita di montagna che ci accoglie con il suo profumo di legno, il calore della stufa, il sapore dei “casunziei” (tipici tortelli di rapa rossa e semi di papavero), tortelli di erbette selvatiche, pane fatto in casa, crauti dell’orto speziati con cumino, e immancabile strudel caldo.

Antichi borghi incastonati tra le montagne

Fornesighe è un piccolo borgo di montagna di 200 abitanti, uno dei pochi conservato così come era un tempo, perché a differenza di molti altri non ha mai subito incendi, cosa rara, che ha mantenuto invariato l’aspetto esteriore delle bellissime abitazioni in legno.

Nell’800 gli abitanti erano quattro volte tanto, e le case meno della metà, ci racconta Renato che ha vissuto qui da sempre.  Oggi gestisce insieme ad Anna il piccolo e suggestivo B&B eco sostenibile, nel cuore del borgo antico di Fornesighe, in un vecchio edificio dove un tempo vivevano i suoi nonni insieme ad altre 6 famiglie.

I piccoli appartamenti di una volta, ciascuno dei quali era raggiungibile dall’esterno con delle scalette in legno, oggi sono le accoglienti camere del B&B, arredate con mobili d’epoca ed oggetti antichi. L’ampia soffitta di legno un tempo utilizzata dalle famiglie come luogo di lavoro, si apre con una vista mozzafiato verso le montagne degli Spiz di Mezzodì.

Qui si lavorava il legno e il ferro, si producevano i chiodi che hanno reso famoso il piccolo paese (non distante, potete visitare il museo dei chiodi di Forno di Zoldo). Ad arredare lo spazio tanti dettagli di un tempo: l’antico banco da falegname, le pialle di una volta, tanti oggetti recuperati e restaurati con passione da Renato.

Davanti alla vista suggestiva delle montagne, gustiamo la squisita colazione a chilometro zero, con le marmellate fatte in casa e lo strudel preparato da Anna. Lo scricchiolio dei pavimenti in legno, la massa imponente dei muri di una volta, le porte basse che obbligano a piegare la testa per non inzuccarsi, ci riportano indietro nel tempo.

L’antico borgo di Fornesighe, studiato con passione dal famoso architetto Edoardo Gellner, è formato da abitazioni tradizionali in pietra e legno, bellissimi fienili (i“tabià”) i cui poggioli in legno servivano alla maturazione del mais, una chiesa ed il piccolo ma imperdibile bar di Clara. Da Fornesighe si può partire a piedi o con le ciaspole per passeggiate nella natura incontaminata, o raggiungere il piccolo borgo rurale di La Veda (20 minuti a piedi), ancora senza luce ed acqua, il nucleo di Cornigian (40 minuti a piedi) e l’antico centro minerario di Assera (un ora circa a piedi). Tre borgate nate come appendici rurali di Fornesighe dove gli abitanti si trasferivano d’estate per portare gli animali al pascolo. Oggi a Cornigian ci sono 5 case, un agriturismo a gestione famigliare ed un piccolo ristorante (Inte Cornigian), che vi consigliamo di visitare per una sosta golosa con piatti della tradizione locale.

Un modo diverso per conoscere questi incantevoli borghi della Val di Zoldo, è Gironzoldando, un festival di passeggiate teatrali accompagnate da una coppia di cantastorie, attori e profondi conoscitori della cultura e delle tradizioni locali, e soste per spuntini golosi a base di prodotti locali.

Infine, da non perdere a Fornesighe il Carnevale della Gnaga, una tradizione che si ripete dalla fine dell’800. La “Gnaga” è una maschera doppia, una vecchia signora con ingombranti zoccoli in legno costretta a portare nella sua gerla un giovane chiassoso, l’auspicio che il freddo inverno della montagna riporti la primavera!

Scivolare sulla neve, anche di notte

E’ venerdì sera, cosa si fa? Infiliamo un paio di ciaspole ai piedi e risaliamo la montagna innevata, tra boschi e i profili verticali delle montagne: da un lato il monte Civetta, dall’altro il Pelmo.  Solo 40 minuti di cammino sulla neve fresca che scricchiola allegramente sotto le ciaspole per arrivare “in paradiso”. “Su’n paradis” è il nome del grande rifugio in legno che di giorno accoglie gli sciatori del grande comprensorio Ski Civetta, a mezzora da Pecol (nel comune di Zoldo Alto) e di notte si trasforma in un rifugio romantico e accogliente dove gustare un’ottima cucina locale con prodotti al chilometro zero, dai formaggi alle carni, dalla zuppa alla birra dolomiti, alla grappa di cumino fatta in casa.

Assaggiare il cono gelato più alto del mondo

gelataiSe i siciliani hanno inventato il gelato e i toscani il cono, tra queste montagne è nata l’idea del gelato artigianale da commercializzare e diffondere nel mondo. A quanto pare, infatti, il primo permesso per attività di venditore ambulante di gelati della storia fu assegnato all’inizio del secolo scorso proprio ad un abitante della val Zoldana emigrato a Vienna. Ovunque andiate nella val di Zoldo, da Longarone a Forno di Zoldo, potrete così imbattervi in una vecchia foto in bianco e nero di qualche venditore ambulante di gelato, con baffi, cappello e carretto. a riprova di questo, nelle piazze principali di diverse città europee, da Monaco a Londra, da Berlino a Friburgo, troviamo ancora oggi una gelateria italiana di origine zoldana.

In Val di Zoldo, ogni anno a fine Luglio, si svolge “Gelatiamo”, un festival itinerante del gelato. Lo scorso anno è stato battuto il record mondiale delle palline di gelato su cono: ben 85 palline gelato di diversi gusti, su un normalissimo cono. Un metro e mezzo di gelato sotto gli occhi stupiti ed increduli di grandi e piccini!

Spaziare dalla montagna al mare

Quasi per assurdo, questo tranquillo angolo delle Dolomiti che in pochi conoscono, si trova a meno di un ora di distanza da una una delle città più famose al mondo, Venezia.

La magica conurbazione sull’acqua è la città dove “non ghe nasce niente e se trova tutto”. E allo stesso tempo, i boschi delle vallate Zoldane sono i “boschi da remi” di Venezia, i cui alberi sono stati la materia prima della Laguna.

Impossibile non stupirsi scoprendo che in Val di Zoldo, oltre a camminare, arrampicare o sciare, si può optare per una gita in giornata al mare, una visita a Venezia, magari a bordo di un vecchio barcone che percorre lentamente il torrente fino al mare.

Se a Venezia approdano ogni giorno gigantesche navi da crociera, e 25 milioni di turisti invadono il fragile e meraviglioso tessuto della città, abitata da soli 25.000 residenti. Sulle Dolomiti (ma solo ad un’ora di distanza), la Val di Zoldo offre una natura inesplorata, antichi borghi che sembrano essere rimasti così da sempre, storie vere, personaggi incredibili e coinvolgenti, vita autentica lontana anni luce dal turismo spesso “insostenibile” della laguna.

“Sarevede”, Arrivederci.  Perché una volta scoperta la Val di Zoldo non possiamo non tornarci!

 

Info:

Come si arriva in Val di Zoldo? Da Venezia alla stazione di Longarone-Zoldo sono circa 2 ore e mezza in treno, passando da Conegliano e Ponte nelle Alpi.

Cosa fare in Val di Zoldo con i bambini? Oltre alle passeggiate tra le montagne, potete scoprire i primi abitatori delle Dolomiti, quando le montagne erano spiagge e isole coralline, al Museo Cazzetta, in Cadore, dal nome dell’appassionato scopritore della montagna Vittorino Cazzetta, che ritrovò l’uomo di Mondeval nella stessa prateria alpina sopra Selva di Cadore in cui oggi si trova il museo. Oppure passeggiare nei boschi ascoltando le fiabe degli gnomi: ogni luglio ed agosto, infatti, il gruppo Dognomitico organizza divertenti passeggiate narranti. Infine, ogni giorno nelle settimane di luglio ed agosto, in Zoldo ci sono tante divertenti attività per i più piccoli ( “settimana verde del bambino”): dai laboratori con pigne e licheni alle cacce al tesoro, alle visite in malga per scoprire come si fa il formaggio…

Per chi ama il trekking: l’anello Zoldano è un suggestivo itinerario a piedi di 6 giorni (30 ore di cammino, 70 chilometri, 5.000 metri di dislivello) pernottando nei rifugi e nei bivacchi delle Dolomiti.

Per comprendere il tempo delle montagne e la loro evoluzione geologica: Emiliano Oddone, Geo Trekking Dolomiti Project

Per leggere la Val di Zoldo, raccontata dalla sua comunità: Immersioni con gli scarponi

 

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